Inaugura in grande, con la bellezza di quattro mostre in contemporanea. Spazi generosi quelli dell’Officina delle Zattere, nuovo punto di riferimento culturale per una Venezia sempre più ricca
Ha accolto, per anni, poveri e orfanelli. Offriva opportunità di riscatto, occasioni di rivincita: era il braccio operativo dell’Istituto degli Artigianelli, spazio dove stare con le mani in pasta, imparare un mestiere, mettersi in gioco. Un luogo noto, amato e rispettato a Venezia. Un’isola creativa che oggi, simbolicamente, torna a vivere e pulsare. Cambiano le urgenze e le prospettive, ma non la magia di un luogo denso di storia. Nasce l’Officina delle Zattere.
Ha aperto i battenti il 30 novembre, accogliendo i suoi primi visitatori nella fascinosa cornice di uno spazio industriale e artigianale dismesso; recuperato nelle sue ampie campate, che sembrano nate apposta per abbracciare l’arte, la musica, il teatro. Una cornice reinventata, collocata in un’area che è emozionante crocevia di cultura: a un passo dal Ponte dell’Accademia, vicinissima a Punta della Dogana.
Un esordio coraggioso, importante; un punto di partenza manifestato dalla contemporaneità di quattro eventi espositivi: una pluralità di linguaggi che è sinonimo di ampiezza di sguardo e doverosa ambizione. Tra teatro e manipolazione digitale si muove Giorgio Merigo, abile ad entrare con risultati quasi metafisici all’interno di scenografie possibili, rilette come quinte architettoniche per opere intangibili.
Omaggia John Cage e la sua poetica del suono e del silenzio: tra fotografie, scritti e musica ecco l’eclettico viaggio di Emanuel Dimas do Melo Pimenta; suggestioni che fanno da contraltare a quelle di Massimo Donà, le cui ambientazioni sonore sono visualizzate dagli scatti di Raffaella Toffolo e Veronica Croce. Chiude il valzer delle inaugurazioni Giorgio Faletti: tra letteratura e arte visiva ecco il suo nuovo progetto, Da quando a ora .