Oriente e occidente si incontrano in Australia

18 Gennaio 2013


Ha coinvolto, nelle sue prime sei edizioni, oltre due milioni di visitatori: numeri importanti per la Triennale del Sud Pacifico, in scena per la sua settima volta a Brisbane, fino al prossimo mese di aprile. APT7, così viene chiamato l’evento, accende i riflettori del contemporanea sull’Australia: chiamando a raccolta artisti dall’intero bacino dell’Oceania, ma anche ospiti che si misurano con altri contesti e spazi creativi.

Arte vicina ai linguaggi tradizionali locali, ma allo stesso tempo aperta alle mescolanze indotte dalla cultura globale. In due parole: arte glocale , espressione di sensibilità attente ad indagare il ruolo del creativo nel mondo tecnologizzato. Settantacinque i nomi presenti, chiamati a rappresentare trenta diverse nazioni: non mancano gli artisti affermati a livello internazionale, come il filippino Manuel Ocampo o il cinese Huang Yong Ping.

Ma l’attenzione è tutta per i giovani emergenti, soprattutto quando presentano progetti che sanno coniugare culture apparentemente inconciliabili. È il caso del The Propeller Group, collettivo nato in California nel 2006 dall’incontro tra l’italo-americano Matt Lucero e due street artist di origine vietnamita. Il lavoro del gruppo, condotto tra Stati Uniti e sud-est asiatico, affronta temi sociali che costruiscono, attraverso l’arte, dialoghi altrimenti impensabili.

È nata in Iran ma vive a New York Sara Rahbar, artista in orbita Saatchi che ha già esposto nella prestigiosa cornice del Centre Pompidou di Parigi. Il suo lavoro riflette sui concetti di identità e radicamento, come nell’apprezzata serie “Flags”: patchwork dai colori sgargianti, retaggio della tradizione artigiana orientale, cuciti su bandiere a stelle e strisce. Il dialogo tra est ed ovest è anche al centro della poetica di Mohamed Qasim Ashfaq, pakistano di stanza a Londra.