Tesori restituiti dalle sabbie del tempo

14 Gennaio 2013


Dalle dune del deserto egiziano alla campagna dell’agro romano. Separati da almeno mille anni di tempo, e da una distanza che non è solo geografica: ma soprattutto culturale e storica; eppure uniti dallo stesso destino. Quello che li vede tornare, oggi, alla luce: dopo un oblio di secoli. Straordinari i rinvenimenti avvenuti a Luxor e a Ciampino, determinanti per offrire nuovi tasselli alla composizione del mosaico del passato più arcaico.

Risale a circa tremila anni fa la necropoli che la missione archeologica italiana, guidata dall’egittologo Angelo Sesana, ha rinvenuto in questi giorni a Luxor. Cinque camere sepolcrali, ognuna occupata da un sarcofago in legno conservato pressoché intatto dalla sabbia del deserto; quattro vasi canopi di pregevole fattura e inestimabile valore: ricco il bottino raccolto scavando nell’area del tempio di Amenhotep II, faraone della diciottesima dinastia.

Ha certamente passeggiato all’ombra dei suoi portici, e si è rilassato nelle acque delle sue raffinatissime terme. Ha ammirato le sue statue: e chissà che proprio queste non siano state fonte di ispirazione per i versi che lo hanno reso immortale. Ovidio, tra i più grandi poeti della latinità, è stato qui. In quella che oggi è un’area nei pressi di Ciampino, a un passo da Roma: nella villa del suo mecenate Messalla. Oggi tornata alla luce, grazie ad una importante campagna di scavi.

Recenti i rinvenimenti dell’area termale, impreziosita da mosaici, e di una vasca per il nuoto lunga circa venti metri, ornata di dipinti azzurri. Al suo interno un gruppo di sette sculture di età augustea inscena il mito di Niobe, punita dagli Dei per la propria superbia: uno degli episodi raccontati, dallo stesso Ovidio, nelle sue celebri “Metamorfosi”. Una scoperta archeologica che, dunque, riannoda i fili della storia e della leggenda.