27 Febbraio 2013
Uno stupefacente gioco di luci, per esaltare le caratteristiche di un’opera unica e creare intense e suggestive empatie: nella rinnovata Pinacoteca Civica di Ancona ecco l’allestimento multisensoriale per il Busto di Medusa di Gian Lorenzo Bernini.
Ha manipolato il marmo quasi fosse seta, svelandone le sensuali morbidezze; rinfrescando, a secoli di distanza, i fasti che il linguaggio della scultura ha conosciuto in età classica. Un evento speciale celebra, ad Ancona, Gian Lorenzo Bernini: uno tra i più grandi geni del barocco viene omaggiato nell’esposizione di uno dei suoi migliori capolavori. Quel “Busto di Medusa” che la tradizione vuole drammatico ritratto di un’amata crudele.
Ad accogliere l’opera le sale della Pinacoteca Civica, che tornano alla città a seguito di un anno di restauri; perla Medusa viene studiato un allestimento multisensoriale, che esalta le straordinarie caratteristiche tecniche di un pezzo di rara suggestione. Le avveniristiche illuminazioni a LED disegnano attorno alla scultura un’atmosfera di suggestiva teatralità, permettendo al tempo stesso di leggere nel migliore dei modi la tecnica sopraffina del Bernini.
La scultura arriva in prestito dai Musei Capitolini, frutto di un accordo che ha portato a Roma pezzi pregiati della ricca collezione marchigiana. Accolti alle Scuderie del Quirinale, per la mostra che dal mese di marzo celebra l’estro di Tiziano, due lavori del maestro veneto: la celebre Pala Gozzi e la Crocefissione conservata nella chiesa di San Domenico. Pagine determinanti per il percorso espositivo della grande retrospettiva romana, promossa da “Il Gioco del Lotto”.
Eseguita intorno alla metà degli Anni Quaranta del XVII secolo, la Medusa rappresenta uno dei capolavori del Bernini. E al tempo stesso una delle sue creazioni più intriganti e tormentate. La critica ha da tempo individuato assonanze e analogie con il busto marmoreo di Costanza Bonarelli dello stesso Bernini: storia d’amore tormentata quella tra la donna e l’artista, costellata di tradimenti e violenze. Fino all’eterno insulto di un ritratto che immortala la donna in veste di mostro.