14 Febbraio 2013
L’arte immaginata da Giorgio Caponetti, in un intrigante romanzo ispirato a Leonardo; e l’arte realizzata da Wim Wenders, amatissimo cineasta che si rivela fotografo di razza.
Non c’è ambito dell’immagine nel quale non si senta a proprio agio, esprimendo grazie ad una innata e stupefacente sensibilità un gusto per la narrazione unico. E un senso per la composizione che molti hanno accostato, non a caso, ai più grandi capolavori di Edward Hopper, maestro indiscusso della pittura americana. Tutti conoscono il regista: Vedere i colori dell’anima con Wim Wenders svela, per i tipi di Electa, la passione del cineasta per la fotografia.
Tra storia documentata e pura fiction, seguendo i misteri di uno dei più grandi geni di sempre. Con Due belle sfere di vetro ambrato (Marcos y Marcos) Giorgio Caponetti ci porta a Venezia: incontriamo un Leonardo da Vinci innamorato, un’intrigante vicenda sospesa tra arte e scienza; il sogno, un po’ alchemico, di arrivare a clonare la statua di Bartolomeo Colleoni. O meglio: il condottiero che raffigura…
In arrivo con Einaudi il nuovo capolavoro dell’astro nascente del noir: Antonin Varenne scende ne L’arena dei perdenti, cruda e amarissima allegoria di una società allo sbando, priva di punti di riferimento e annebbiata dallo svilimento dell’etica e della morale. Affacciata attorno al ring per assistere ad incontri clandestini di pugilato, all’insegna della violenza più disinvolta e gratuita; accecata da inquietanti segreti che affondano le proprie radici in un tormentato passato.
Ognuno può affermare, riferendosi a se stesso, che esistano diverse Versioni di me: Dana Spiotta lo fa con il romanzo che ha incantato gli Stati Uniti, portato in Italia da Feltrinelli, consacrando l’estro di un’autrice capace di arrivare in finale al prestigioso National Book Award. La critica ha speso termini di paragone lusinghieri, accostando Spiotta al gusto drammatico e visionario di Breat Easton Ellis e alla capacità di analisi della società propria di Don DeLillo. Leggere per credere.