Torino: tutte le rivoluzioni di Alfredo Jaar. Alla Fondazione Merz

11 Novembre 2013


Si raggiunge lo spazio espositivo. Si passano le operazioni di biglietteria. Si indossano goffe galosce di tessuto, sacchi che ricordano quelli usati dalla polizia scientifica per non inquinare la scena di un crimine. Si entra nella grande sala principale, un tempo centrale termica delle Officine Lancia, oggi riconvertita a preziosa piattaforma per le arti contemporanee. E lo shock è assicurato. Perché Alfredo Jaar porta in scena fino ai primi di febbraio, alla Fondazione Merz di Torino, la sua idea di rivoluzione.

Milioni di schegge di vetro e frammenti di specchio coprono il pavimento, distesa di  fragili macerie che crepitano sotto i passi pesanti di un pubblico stranito, costretto ad una dolorosa e faticosa via crucis interiore. Perché il percorso indotto dall’artista cileno è di struggente intimità: invita alla riflessione, parola chiave dell’intera mostra, sul concetto di reazione e ribellione all’ineluttabile scorrere degli eventi. Nostalgica cartolina da un passato che ha visto la coscienza collettiva esplodere in una miriade di cieche individualità.

Esaurito quello che, a tutti gli effetti, risulta come un passaggio di purificazione ideologica dell’anima, si affrontano le circa sessanta opere che documentano la lunga indagine condotta da Jaar – egli stesso attivista ai tempi della dittatura di Pinochet – sul tema della rivoluzione. Partendo dall’omaggio a figure che spaziano da Antonio Gramsci a Pier Paolo Pasolini, e arrivando ad un dialogo intenso con le opere di altri artisti, quasi Jaar vestisse in questa occasione anche i panni del curatore.

Compaiono tra le sue opere anche quelle di Alighiero Boetti, Yoko Ono, Joseph Kosuth; fino ad arrivare alle celebri bottiglie di Coca Cola di Cildo Meireles: apparentemente ingenue e rassicuranti, in realtà minacciose in quel Yankees Go Home!  stampigliato in maniera mimetica tra gli ingredienti. Infine il saluto all’ideale padrone di casa dello spazio. Recita Sciopero generale azione politica relativa proclamata relativamente all’arte  la grande scritta al neon realizzata da Mario Merz nel 1970: ruotata oggi da Jaar in modo da essere illeggibile. Salvo specchiarsi, e dunque tornare comprensibile, in una nera patina oleosa; rinnovata presa di coscienza di un senso di lotta, protesta e azione.