Napoli: in mostra i corpi fotografici di Paolo Gioli

11 Aprile 2014


È come se la fisicità fosse irresistibile, troppo dirompente per starsene confinata nei limiti della pellicola. E dovese scapparne fuori, sublimarsi nel confronto tattile con inserti in seta e stoffe varie – illusione di carezze – o ancora nei fugaci e sferzanti colpi di pittura. È una fotografia che va oltre la sua natura tradizionale quella di Paolo Gioli, tra i più originali interpreti italiani in attività. In mostra a Napoli fino al prossimo giugno negli storici spazi di Villa Pignatelli.

Uno straordinario artigiano dell’immagine Gioli, instancabile sperimentatore di prassi che arricchiscono il suo linguaggio in una forma che rasenta la performance. Perché il suo lavoro non si racchiude nell’atto fugace e insieme infinito dello scatto, ma si genera in una manipolazione continua – fieramente analogica – dell’oggetto fotografico: stressato fino alle estreme conseguenze in quelli che sono i suoi limiti tecnici e fisiologici.

Si passa così dalla rinuncia alle ottiche ai giochi di esposizione effettuati in camera oscura, fino appunto agli inserti di materiali altri. A tornire un’indagine sul corpo umano che spazia tra inquiete pulsioni erotiche di natura quasi autoptica ed irrisolvibili, fascinosi enigmi concettuali: come nel progetto decennale rivolto ai Torsi , rivelati in una sublime tensione sensuale che affonda le proprie radici nel ricordo della grande statuaria classica e nella perversa iconografia legata ai martiri cristiani.

Delicato e insieme potentissimo in Gioli il tema dell’identità, dell’autodeterminazione di sé. Non è casuale la disposizione, all’inizio del percorso espositivo, di diversi autoritratti; volutamente in contrasto – e al tempo stesso in forte dialogo – con l’ossessivo ritorno al feticcio della maschera, filtro e velo che oblia il reale. Uno scarto tra realtà e mondo dell’emozione che si misura con la serie degli Sconosciuti , lavoro impostato sul recupero di foto di identità degli Anni Cinquanta, che private della propria funzione scoprono nuove valenze poetiche.

[nella foto: Paolo Gioli, Volti chiusi, 1994, Polaroid Polacolor trasferita su carta Cibachrome, cm 50×37,5 – dettaglio]