Un’indagine inedita quella che Hans Ulrich Obrist propone del lavoro di Gehrard Richter: in mostra alla Fondation Beyeler di Basilea le serie e i cicli pittorici dell’artista. Dagli Anni Cinquanta ad oggi.
Non una semplice copia del medesimo tema, magari nel tentativo di giungere ad una accuratezza formale sempre più prossima alla perfezione; oppure nella volontà di moltiplicare all’infinito lo sguardo sullo stesso soggetto, così da coglierne sfumature sempre diverse. Ma piuttosto, seguendo un’idea che riporta alla filosofia di Gilles Deleuze, l’intenzione di costruire un flusso, traducendo su tela un’evoluzione insieme formale e sostanziale.
Nascono così i lavori seriali di Gerhard Richter, esposti da questi giorni e fino al prossimo settembre negli spazi che Renzo Piano ha disegnato a Basilea per la Fondation Beyeler. Un focus inedito su un aspetto particolare della carriera di uno degli artisti più importanti del presente; un viaggio nel suo articolato immaginario mediato da Hans Ulrich Obrist, probabilmente il massimo esperto internazionale dell’opera di Richter, curatore dalla visione squisitamente originale.
Lavoro cardine della mostra è l’Annunciazione secondo Tiziano , serie di cinque tele di grande formato dipinte in rapida successione agli inizi degli Anni Settanta, per la prima volta dopo tanto tempo riunite in un’unica sede espositiva. Richter effettua, pur mantenendo il proprio stile unico e inconfondibile, una copia dell’originale tizianesco; poi una seconda, una terza e così via. Accentuando sempre di più i giochi cromatici, annullando progressivamente la figura fino a ottenere nell’astrazione un sublime incastro di luce e colore.
Un processo fluido, coerente, ininterrotto. Un tentativo utopistico di fissare l’evoluzione dell’immagine che si lega all’interesse che l’artista da sempre nutre per la fotografia, usata come strumento da cui partire per poi dipingere alcuni dei suoi cicli più drammatici e affascinanti. Come il durissimo 18 oktober 1977 , che evoca gli spettri del terrorismo in Germania; o come il tenero S. mit Kind , maternità postmoderna che si pone in continuità con la grande tradizione del tema classico.