In mostra ad Aosta i maestri dell’informale

13 Agosto 2014


Ha lasciato un segno indelebile nella storia della canzone d’autore italiana, firmando in veste di arrangiatore buona parte dei maggiori successi frutto della generazione di cantautori emersa negli Anni Sessanta nella sua Genova. Dietro le quinte de La gatta  di Gino Paoli c’è lui; idem per quanto riguarda Ciao Amore Ciao  di Luigi Tenco e tutti i primi album di Fabrizio De André. Un grande della musica Gian Piero Reverberi. Ma anche un raffinato amante dell’arte.

Più unica che rara la mostra che fino alla fine di ottobre trova spazio nelle sale del Museo Archeologico Regionale di Aosta. Si tratta della prima uscita pubblica ufficiale per la pregiata collezione privata di Reverberi, mai esposta prima d’ora: un battesimo del fuoco che ha dell’incredibile, e che rivela la profonda passione del musicista per un episodio tra i più importanti dell’arte del Novecento. Quello dell’informale.

La raccolta affonda le proprie radici nell’esperienza di rarefazione della figura avviata dal mitico gruppo CoBrA, e si spinge fino alle declinazioni tutte italiane del tema operate dai vari Emilio Vedova, Afro, Piero Dorazio. Ma anche Piero Manzoni. Un percorso omogeneo eppure venato di momenti di grandissima originalità, che mette in risalto le sensibilità individuali senza per questo disperdere il senso collettivo di una ricerca appassionata.

Si respira così, al di sopra dei singoli percorsi, l’afflato di un comune sentire, figlio della reazione al dramma appena consumato – per gli artisti di quella generazione – del secondo conflitto mondiale. È il sentimento di necessaria reazione agli schemi della forma, da scardinare quasi si trattasse di una urgenza totale, assoluta; grido di liberazione e insieme disperazione. Testimone di un’oscurità da trasformare in luce.