Trent’anni dopo l’ultima mostra di questo genere al MoMA arriva a Torino una monumentale indagine sui disegni di Roy Lichtenstein: oltre duecento lavori, alla GAM, per un percorso inedito in Italia
“Il disegno è la base della mia arte. È là dove i miei pensieri prendono forma”. Così uno tra i più grandi artisti americani del Novecento, figura fondamentale nel panorama della Pop Art. Così Roy Lichtenstein, protagonista alla GAM di Torino di una mostra che scava alle radici del suo linguaggio creativo, individuandone la grammatica di base. Quel disegno, appunto, da cui tutto ha origine. E a cui tutto, alla fine, tende a tornare.
Sono oltre duecento i lavori esposti da queste settimane fino alla fine prossimo mese di gennaio, percorso che copre in modo esaustivo oltre mezzo secolo di carriera: partendo dall’immediato dopoguerra e arrivando alla fine degli Anni Novanta. Un taglio innovativo, inedito per l’Italia, per un evento che sceglie di grattare la lucida superficie degli smalti e degli acrilici per scendere in profondità, individuando le radici di un lavoro di straordinaria intensità espressiva.
Ed è allora come se Lichtenstein si mettesse a nudo, offrendo una visione intima del suo processo creativo; rivelando implicitamente la sua natura di curioso onnivoro, vorace lettore dagli interessi più disparati – spazia senza soluzione di continuità dai grandi classici ai maestri del fumetto. Le sue Prime idee si rivelano dunque molto più di semplici bozzetti o schizzi preparatori: sono autentiche opere zero, con la forza di un tratto pulito e graffiante a sottolineare una capacità narrativa unica nel suo genere.
Rarissimo imbattersi in un corpus tanto ricco dei disegni di Lichtenstein: un focus completo su questo carattere della sua produzione manca in Europa dal 1975, con la mostra dedicata al CNAC di Parigi, mentre risale al 1987 l’ultima grande indagine sulle sue carte ospitata dal MoMA di New York. Ma la mostra di Torino non esaurisce qui il suo tuffo nell’universo dell’artista americano: diverse tele e un ricco repertorio fotografico contribuiscono alla costruzione di un percorso ricchissimo.
[nella foto: Roy Lichtenstein – Oh, Jeff…I Love You, Too…But… (Study), 1964. Collezione private © Estate of Roy Lichtenstein / SIAE 2014, dettaglio]