Impressionismo all’americana. In mostra a Madrid

20 Novembre 2014


Modelli, mentori, maestri; e poi compagni di viaggio, in un rapporto partitario, lungo i sentieri dell’arte. È un legame strettissimo quello che unisce una costa dell’Atlantico a quell’altra, stringendo i grandi nomi dell’Impressionismo francese alla felicissima scuola di pittori americani che si sono espressi tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Un’avventura che il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid racconta, in mostra, fino al prossimo 1 febbraio.

Se gli artisti e gli intellettuali europei, qualche decennio prima, avevano eletto il Mediterraneo – e l’Italia in particolare – come mecca dove affinare il proprio gusto e accrescere la propria cultura, la generazione di pittori statunitensi preferisce, a fine Ottocento, rivolgersi alla Francia: è Giverny la meta ultima di soggiorni di studio che spesso si trasformano in radicali scelte di vita. Nel matrimonio con la frizzante scena di una Parigi mai così dirompente.

È il caso di Mary Cassatt, presto accolta nel circolo di Edgar Degas e Claude Monet, quest’ultimo legato da una solida amicizia anche a John Singer Sargent, vero e proprio cittadino del mondo: nelle opere dei due artisti – la prima concentrata in modo dominante sul ritratto il secondo sui paesaggi – si legge una lettura personalissima della lezione impressionista, fondamenta su cui impostare percorsi di spiccata originalità.

Scientifico l’approccio di Theodore Robinson, forse il più rigoroso tra i pittori esposti a Madrid, interessato a sperimentare ardite soluzioni prospettiche e luministiche, di taglio quasi cinematografico; ma la star assoluta della mostra, più dei vari John Leslie Breck e Childe Hassam, di William Merrit Chase e John Henry Twatchtman, è James Whistler. Apprezzato con schietta ammirazione dagli stessi maestri francesi, che in lui riscontrarono una sensibilità paragonabile a quella di Henri Toulouse-Lautrec.