23 Dicembre 2014
Si tratta della più antica collezione di icone russe conservata in un museo occidentale: un’ottantina le tavole di arte sacra ortodossa di proprietà degli Uffizi. Esposte in via eccezionale fino al prossimo febbraio
Non è ben chiaro cosa le abbia portate a Firenze: se la curiosità dei granduchi di Toscana per le culture altre oppure le strategie diplomatiche della zarina Caterina, attenta negli anni del suo regno a stringere forti rapporti con l’Occidente. Fatto sta che, da secoli, trovano posto nelle collezioni degli Uffizi: sono le circa ottanta icone russe che rappresentano, al momento, la più antica raccolta di opere di questo genere conservata in un museo occidentale.
Un tesoro straordinario, che non trova però lo spazio che merita: comprensibilmente offuscato dalla quantità di capolavori del Rinascimento italiano per cui il museo fiorentino è famoso nel mondo. Da qui la scelta di una mostra straordinaria, che da questi giorni e fino al prossimo 1 febbraio mostri al pubblico nella Sala delle Reali Poste, in tutta la sua eccezionale meraviglia, una collezione letteralmente unica.
I due esemplari più antichi risalgono alla fine del Cinquecento: nell’icona mariana e in quella che raffigura il martirio di Giovanni Battista emerge, in tutto il suo splendore, la composta ieraticità propria dell’arte sacra ortodossa, figlia della severa bellezza della più antica tradizione bizantina; ma al tempo stesso si apprezza la perizia e il gusto di squisita raffinatezza dei maestri artigiani russi. Le oklad che ricoprono ciascun pezzo, coperte realizzate in argento, sono frammenti di arte suntuaria di pregio assoluto.
Tre i nuclei tematici evidenziati dalla mostra, che indugia sulla rappresentazione della Vergine, su quella di Cristo e sulla resa delle diverse figure di santi; duplice la natura delle icone giunte fino a noi, a raccontare doversi modi di vivere la fede. Da un lato ci sono esemplari regali, di eccezionale e indiscutibile qualità artistica; dall’altro opere dal tratto meno estetizzato, forti di un candore che è frutto della struggente devozione popolare.