Dopo il premio Oscar per “12 Anni Schiavo”, l’artista e regista inglese Steve McQueen annuncia la lavorazione del suo prossimo film. E torna a parlare di diritti civili, portando sul grande schermo la vita dell’attivista Paul Robeson
Avrebbe voluto affrontare questo progetto già nel 2008, dopo aver raccontato con Hunger la prigionia di Bobby Sands e degli altri attivisti dell’IRA reclusi nelle prigioni inglesi. Poi tutto è stato rinviato, sostituito nelle priorità dalla lavorazione di 12 Anni Schiavo (nella foto), film che gli è valso il premio Oscar come miglior regista: ora Steve McQueen è pronto a riprendere il filo del discorso, raccogliendo il sogno che aveva chiuso nel cassetto sei anni fa.
Arriva dall’autorevole Variety la notizia secondo cui l’artista e cineasta inglese sarebbe pronto a cominciare la lavorazione di un film centrato sulla vita di Paul Robeson, avventurosa e affascinante figura di attivista sui generis. Tra i primi afroamericani a diventare star assolute del cinema, nell’America degli Anni Quaranta, Robeson fu anche atleta professionista e ottimo cantante: ma pagò a caro prezzo il fatto di mettere la propria visibilità a servizio della causa per l’emancipazione delle comunità di colore negli Stati Uniti.
Il rifiuto di ruoli stereotipati, con la figura dell’afroamericano sottomessa al wasp , e il successo ottenuto dalle sue tournée come cantante in Unione Sovietica valsero a Robeson le attenzioni del temuto senatore McCarthy: si aprì così per lui, in piena Guerra Fredda, la stagione dell’ostracismo e del declino, fino al mesto ritiro dalle scene e alla morte – in povertà e solitudine – nella sua anonima casa di Harlem.
Ancora fumosi i dettagli della produzione, a partire dal titolo della pellicola per arrivare al nome del protagonista: unico dato certo la partecipazione di Harry Belafonte, musicista anch’egli impegnato nelle cause per i diritti civili, dato tra i finanziatori dell’operazione. Per McQueen non si tratta del primo lavoro dedicato a Robeson: nel 2012 aveva realizzato End Credits , opera di video-arte realizzata microfilmando centinaia di report che l’FBI aveva negli anni compilato sul conto dell’attivista.