Dal 2 settembre sino al 10 gennaio 2016, una grande mostra a Milano ricorda il ruolo svolto da Giotto nell’evoluzione del linguaggio pittorico in Italia sul finire del Basso Medioevo.
Giotto, l’Italia: un titolo autoesplicativo, per una grande esposizione che intende celebrare l’alto genio dell’artista che nel Trecento rivoluzionò e innovò il linguaggio figurativo in una nazione ancora a venire, segnando un punto di rottura con la precedente tradizione pittorica romanica. Dal 2 settembre, il Palazzo Reale di Milano affida a un grande protagonista dell’arte italiana le battute finali del semestre di Expo 2015.
La mostra è il risultato di un lavoro corale e di collaborazione, che ha coinvolto tanti esperti, istituzioni pubbliche, musei, soprintendenze ed enti religiosi: dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo al Comune di Milano, da Palazzo Reale a Electa, che si sono occupati della produzione e organizzazione del grande evento. L’ideazione della mostra si deve, invece, a Éupolis Lombardia, con progetto scientifico e curatela di Pietro Petraroia e Serena Romano.
L’allestimento è stato affidato all’architetto e designer Mario Bellini. 13 opere – prevalentemente su tavola – per la prima volta saranno riunite e allestiste nelle sale di Palazzo Reale, in cui Giotto, in epoca viscontea, eseguì gli affreschi che sono stati considerati la sua ultima impresa, purtroppo andati perduti.
Nelle prime sale saranno esposte le opere giovanili: il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna da San Giorgio alla Costa. A seguire, il nucleo dalla Badia fiorentina, con il polittico dell’Altar Maggiore. Documenterà la permanenza di Giotto a Padova, la tavola con Dio Padre in trono proviene dalla Cappella degli Scrovegni.
Saranno esposti poi il polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata e il cosiddetto polittico Stefaneschi (nell’immagine in apertura) dipinto per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro. Il percorso espositivo si concluderà con i dipinti della fase finale della carriera del maestro: il polittico di Bologna e il polittico Baroncelli, dall’omonima cappella di Santa Croce a Firenze, che in occasione della mostra sarà ricongiunto con la sua cuspide, attualmente conservata nel museo di San Diego in California.