La fede nell’uomo, nella video arte di Bill Viola

12 Luglio 2015

Bill-Viola-Auckland-Castle Martyrs

Nel maggio del 2014, presso la Cattedrale di Saint Paul a Londra l’artista statunitense Bill Viola ha presentato una video installazione di grande formato, intitolata al martirio. Da Martyrs (Earth, Air, Fire, Water) discendono quattro opere derivate, ora in mostra in un altro luogo devozionale dalla storia secolare: la St Peter’s Chapel all’interno dell’Auckland Castle, nella contea di Durham.
Dal 12 luglio e fino al 26 ottobre, la cappella ospiterà quattro distinti “martiri”, rappresentazioni simboliche dello sforzo e della sofferenza umane, sottoposti ciascuno a una prova differente; ogni personaggio, uomo o donna, è infatti tormentato da uno dei quattro Elementi primordiali secondo i presocratici greci, sicché abbiamo Earth Martyr, Air Martyr, Fire Martyr e Water Martyr.

Nella produzione artistica di Bill Viola, ricorre spesso non soltanto il richiamo all’iconografia religiosa medievale e rinascimentale, ma anche un sincretismo tra fedi e religioni alla ricerca di ciò che accomuna i rispettivi credo: la volontà di dare un senso, trovare una risposta alla precarietà della condizione umana, che tanto aspira a elevarsi quanto si trova esposta al dolore e alla morte fisica.

A tal proposito, secondo Bill Viola i lavori esposti a Durham sono esemplificativi “della capacità umana di sopportare la pena, il sacrificio e persino la morte, pur di rimanere fedeli ai propri valori, credenze e principi”. A dispetto del progressivo scatenarsi degli elementi naturali sui quattro individui, essi rimangono saldi nel loro voto, conseguendo – proprio nel momento più drammatico della loro esistenza – l’ascesa a una dimensione spirituale, indifferente alle sorti del mondo e delle proprie, persino.
La scelta di mettere alla prova i protagonisti con aria, acqua, fuoco e terra non è casuale, perché così facendo Viola richiama anche la concezione greca, pre-cristiana del martirio, che nel mondo antico ha il significato di “testimonianza”. Un ruolo attivo, perché il martire antico è presente a se stesso e al proprio dolore; in modo molto diverso da quanto succede nel mondo contemporaneo, dove la sovraesposizione mediatica ci porta a concepire noi come testimoni inattivi… e “gli altri” come martiri sofferenti.