La città di Genk, in Belgio, festeggia il decimo anniversario del centro d'arte C-mine con un'imponente installazione, un labirinto firmato da un giovane duo di artisti e architetti.
Il tracciato di un tradizionale labirinto è delimitato da siepi, ma la differenza nei materiali non è l’unica caratteristica a rendere unico il Labyrinth di Pieterjan Gijs e Arnout Van Vaerenbergh, un’installazione scultorea-architettonica con la quale la città belga di Genk festeggia il decimo anno del centro d’arte C-mine. Questo labirinto è diverso da qualunque altro perché – almeno così ci risulta – nessuno ha mai adottato una serie di funzioni booleane per crearne gli spazi e le prospettive.
Come si può vedere già dalle immagini, Labyrinth parte infatti da una serie di forme elementari – una sfera, un cilindro, il cono – che vengono però sottoposte a sezionamento e diventano altrettante variabili di una funzione bolleana: distruggendone l’unità, viene a mancare anche la logica “lineare” del labirinto tradizionalmente inteso. Corridoi e spiazzi lasciano quindi il posto a sequenze di spazi scultorei, dove i volumi – anche quelli negativi, ovvero i vuoti – rappresentano altrettante esperienze sensoriali in successione.
Per esempio, molte delle sezioni possono essere percepite come classici divisori del labirinto, per rivelare alla svolta successiva un’apertura con vista sul percorso al di là del muro; di più, da alcune ricercate prospettive tutte le sezioni si allineano, permettendo una ricostruzione ottica della forma originaria “tagliata”.