Dal 3 al 6 novembre, al Pala Alpitour di Torino si riuniscono 43 gallerie declinando con artisti e stili differenti il tema comune della fiera di arte antica e moderna: il Nuovo Sincretismo, un progetto culturale che insiste sulla capacità dei linguaggi creativi di superare il proprio tempo e trasmettere messaggi universali.
L’arte è tutta contemporanea, anche quando le opere appartengono ormai alla storia: è da questo presupposto che muove le mosse Flashback, fiera d’arte antica e moderna giunta alla quarta edizione.
Dal 3 al 6 novembre, al Pala Alpitour di Torino si riuniscono 43 gallerie – di cui 14 al loro esordio nel capoluogo piemontese – declinando con artisti e stili differenti il tema comune di questa rassegna: il Nuovo Sincretismo, inteso come progetto archeologico che ricombina appunto tendenze e stili artistici, etnici e sociali. Il format deve infatti il suo successo a questa innovativa capacità di rivitalizzare l’arte al di là del contesto storico – e dei relativi limiti – in cui la singola opera è nata, insistendo invece sull’universalità della bellezza.
Tra gli highlights di quest’anno, si segnala l’opera di Giovanni da Rimini, allievo di Giotto, che era stata sottratta dai nazisti durante la seconda guerra mondiale per essere poi recuperata dai valorosi Monuments Men. Da ammirare anche i bozzetti preparatori di Sebastiano Ricci per il dipinto a olio su tela esposto alla Galleria Sabauda di Torino e di Mattia Bortoloni per il soffitto del grande salone di Palazzo Falletti di Barolo; l’unico Astrolabio di Jean Fusoris (dei 22 attualmente esistenti) a non essere in una collezione museale; il Guercino inedito commissionato come ex voto dal conte Antonio Maria Sartori per essere scampato alla peste del 1630 e, infine, la collezione di Globi terrestri tascabili inglesi di fine XVIII secolo.
Sul fronte moderno, Flashback propone l’articolato progetto su Carol Rama, di cui in questi giorni è allestita una monografica alla GAM; le opere di Lucio Fontana e di Robert Delaunay; una curiosa coppia di anelli commissionati da Gabriele D’Annunzio a Mario Buccellati nel 1927 e uno spazio speciale dedicato ai disegni di Balla, Severini e De Chirico.