La vita interiore dell’artista impressionista più amato è raccontata dai suoi stessi scritti e dalle sue stesse opere, in un docu-film che arriva nelle sale italiane nei soli giorni del 14 e 15 febbraio.
Io, Claude Monet – il nuovo docu-film di Phil Grabsky verrà proiettato nelle sale italiane il 14 e 15 febbraio, grazie a Nexo Digital – rivela la tumultuosa vita interiore del pittore di Giverny, tra momenti di intensa depressione e giorni di assoluta euforia creativa. E lo fa a partire dai suoi scritti, accostati alle straordinarie opere conservate nei più importanti musei del mondo: nel film, vengono ripresi 3mila lettere e più di 100 dipinti ripresi in alta definizione.
Il lungometraggio si dipana tra incontri importanti – come quelli col primo ministro e amico Georges Clemenceau, che nel 1899 gli scrive: “Voi ritagliate dei pezzetti di cielo e li gettate in faccia alla gente. Niente sarebbe così stupido come dirvi grazie: non si ringrazia un raggio di sole” – e momenti di acuta disperazione, che vedono Monet alle prese con i problemi di salute, un tentativo di suicidio, i lutti e le complesse relazioni con Camille Doncieux e Alice Hoschedé, prima e seconda moglie dell’artista. Di se stesso, insospettabilmente arriverà a dire: “Sono assolutamente disgustato e demoralizzato dall’esistenza che sto conducendo da così tanto tempo… Ogni giorno porta con sé nuovi affanni e nuove difficoltà, da cui non riuscirò a liberarmi”.
Ma in egual misura la corrispondenza di Monet celebra le gioie della pittura e del mondo naturale. Siamo nella “Mecca dell’Impressionismo”, quella Giverny in cui Monet dipingeva sotto il sole cocente e sotto la pioggia battente per studiare tutte le infinite sfumature della luce, inseguendo il sogno della forma e del colore quasi fino all’autodistruzione.
Io, Claude Monet ripercorre, dunque, i luoghi in cui il pittore francese dipinse e scrisse le sue lettere, dando inoltre spazio alla corrispondenza poco nota coi colleghi impressionisti Bazille, Manet e Pissarro e agli accesi scambi di opinione col mercante Paul Durand-Ruel; per mostrare il rapporto spesso conflittuale di Monet con il mondo dell’arte.