Nel nuovo libro intitolato “La musica siamo noi”, il trombettista sardo, che da anni organizza nella sua Berchidda un festival jazz, racconta il rapporto tra il suo lavoro di musicista e la terra d’origine.
Si intitola La musica siamo noi il nuovo libro di Paolo Fresu, uscito lo scorso 19 maggio per Il Saggiatore. Un volume intenso e ispirato in cui il grande trombettista jazz di origine sarda compie un’accorata testimonianza del suo impegno, di uomo e di artista, perché il mondo di domani abbia un volto diverso da quello di oggi. Un mondo in cui non si costruiscono muri fra le culture, ma si gettano ponti, perché ci si possa incontrare e scambiare storie.
Come avviene da anni al festival che Paolo Fresu organizza a Berchidda, di cui è originario, sprofondando la musica nella magia dei colori e dei profumi del mirto, del cisto e dell’elicriso, con il sole che sorge a levante dietro l’isola di Tavolara.
Poeta della parola non meno che delle note, Paolo Fresu incanta: che racconti il suo primo incontro con il jazz, un tempo considerato – specie nei rigidi ambienti del Conservatorio – “la musica del diavolo”, o che descriva un’alba sul Mediterraneo, la sua voce ha il dono antico dei cantastorie: La musica siamo noi diviene così più di un’autobiografia artistica, piuttosto una sorta di canto d’amore per la musica.
Un canto – ci ricorda Paolo Fresu – di cui tutti noi, anche se pensiamo di averle dimenticate, conosciamo le parole.