A Bergamo una mostra indaga il mito di Warhol accostando le sue opere con quelle quelle realizzate in seguito alla sua scomparsa, anche non autorizzate. Una modalità, forse provocatoria, che attesta come l’arte continui ad avvalersi del concetto di riproduzione e di “opera moltiplicata”.
Si articola in quattro sale, ricoperte di carta argentata come nella mitica Factory di New York, il percorso espositivo della mostra Andy Warhol. L’opera moltiplicata: Warhol e dopo Warhol, al via il 6 maggio alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Curata da Giacinto Di Pietrantonio e aperta fino al 30 luglio 2017, la rassegna propone dipinti e opere su carta, serigrafie, film, fotografie, copertine di dischi e riviste opera del Maestro della Pop Art.
Accanto a questo corpus di lavori, non mancano oggetti personali a lui appartenuti, come nel caso degli stivali indossati durante il work in progress delle opere destinate alla mostra del 1980, dal gallerista Lucio Amelio.
Non è certo la prima volta che Andy Warhol e il suo universo creativo sono al centro di un’esposizione in Italia. In questo specifico caso, tuttavia, l’obiettivo è definire un percorso autonomo rispetto alla catalogazione della produzione dell’artista per aree tematiche o per periodi di produzione. Andy Warhol. L’opera moltiplicata: Warhol e dopo Warhol si propone infatti di “restituire il flusso di energia vitale” distintivo di questa leggendaria figura.
Il focus del percorso espositivo è dunque “la natura stessa della sua arte: la peculiarità dell’essere molteplice, riproducibile, di durare nel tempo“, in un’ottica che continua a protrarsi anche dopo tanti anni dalla sua scomparsa. Come evocato nel titolo stesso dell’esposizione, la centralità è affidata ai temi della moltiplicazione e della riproduzione dell’opera.
A confermarlo, lavori assolutamente paradigmatici in tal senso. È il caso delle celebri serigrafie raffiguranti personaggi politici come Lenin e Mao Tse-Tung, artisti tra cui Joseph Beuys, Man Ray e personaggi del mondo del cinema, della musica e dello sport, quali Marilyn Monroe, Mick Jagger o Cassius Clay-Muhammad Ali.
Oltre ad alcuni acetati, a più di 60 copertine di dischi – imprescindibile la presenza della celebre cover di The Velvet Underground & Nico, con l’iconica banana – è presente anche un’opera che testimonia l’attenzione di Warhol per il cinema. Si tratta del lungometraggio Empire, realizzato nel 1964, con un piano sequenza con inquadratura fissa dell’Empire State Building. Fonte di ispirazione anche per gli artisti contemporanei, continua a ricevere ancora oggi numerose visualizzazioni online.
Tra le altre opere eseguite sulla scia della sua visione, anche in seguito alla sua scomparsa, la mostra bergamasca propone anche le sedie sdraio del marchio Other Criteria. Ideate da Hirst, offrono una dimostrazione di quanto, anche oggi, “l’arte si avvalga del concetto di riproduzione e di ‘opera moltiplicata‘”.
Edito da GAMeC Books, il catalogo di Andy Warhol. L’opera moltiplicata: Warhol e dopo Warhol affianca al testo del curatore oltre 60 artisti italiani e internazionali che hanno esposto nell’istituzione lombarda nel corso degli anni, tutti invitati a riflettere sull’eredità warholiana.
[Immagine in apertura: Andy Warhol, Untitled (Mao Tse-Tung Series), 1972, serigrafia su carta, cm 91,44 x 91,44. Collezione Teresa e Michele Bonuomo, Milano. Foto: Antonio Maniscalco]