“Corpo a corpo” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

1 Luglio 2017


Claudio Abate, Marina Abramović e Ulay, Renate Bertlmann, Tomaso Binga, Claire Fontaine, Chiara Fumai, Silvia Giambrone, Goldschmied & Chiari, Sanja Iveković, Ketty La Rocca, Valentina Miorandi, Gina Pane, Suzanne Santoro, Alice Schivardi, Francesca Woodman: sono questi gli artisti al centro di Corpo a corpo, della nuova mostra allestita alla Galleria Nazionale, a Roma, e aperta fino al 24 settembre prossimo.

Curata da Paola Ugolini, Corpo a corpo si focalizza su quel “preciso momento in cui il lavoro degli artisti è caratterizzato dall’appropriazione di nuovi linguaggi che spaziano dalla danza all’evento, dall’happening al teatro, dalla pittura alla musica, dalla teoria alla scultura, dal cinema al video“, prendendo in considerazione – come lascia intendere il titolo – esclusivamente l’impiego del corpo come espediente e veicolo espressivo.  Analizzando due fasi temporali temporali distinte – i decenni Sessanta e Settanta, così densi di fermento ed evoluzioni anche dal punto di vista sociale, – e la scena contemporanea, la mostra mette in evidenza connessioni ed eredità.

Le ricerche sperimentali di artiste come Marina Abramović, Tomaso Binga, Sanja Iveković, Ketty la Rocca, Gina Pane, Suzanne Santoro e Francesca Woodman e di danzatrici come Trisha Brown, Simone Forti e Yvonne Rainer, presentate attraverso gli scatti di Claudio Abate, sono accomunate, pur nella loro eterogeneità, dall’offrire declinazioni delle istanze femministe che si imposero in numerosi Paesi nel secondo dopoguerra. Una “lezione” nella quale il corpo risulta essere un protagonista comune e condiviso, così come è tornato a esserlo in anni più recenti.

Una generazione di artisti, tra cui la coppia formata da Eleonora Chiari e Sara Goldschmied, Chiara Fumai, Silvia Giambrone, Valentina Miorandi e Alice Schivardi per l’Italia o il collettivo artistico – con base a Parigi – Claire Fontaine, è infatti tornata a impiegare il corpo, misurando con il suo potere e la sua carica espressiva. Rendendo attuale l’eredità ricevuta, lo scenario definito da queste figure dei giorni nostri si sta rivelando capace di “combinare le ragioni dell’estetica con quelle della politica”. Un orizzonte, in pratica, delineato dalla critica americana Lucy Lippard nelle sua analisi del contributo dell’arte delle evoluzioni della società, negli anni Settanta, che si espresse in termini di un’arte che fosse “esteticamente e socialmente efficace allo stesso tempo”, contraddistinta da “un elemento di divulgazione e da un bisogno di connessione di là dal procedimento e del prodotto”.