Lo scrittore e fotografo francese Philippe Glade ha realizzato un volume che ripercorre la storia delle strutture realizzate in occasione dell'annuale festival artistico Burning Man, un evento in grado di trasformare un'area desertica in una città vivace, destinata a scomparire nel giro di qualche giorno.
Non ha probabilmente bisogno di presentazioni il Burning Man, il tradizionale festival che dagli anni Novanta convoglia annualmente migliaia di persone nel deserto del Nevada all’interno di una sorprendente – e temporanea – cittadella ad alto tasso artistico.
Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, l’appuntamento è ormai fissato nel deserto del Black Rock, negli Stati Uniti, un luogo destinato a perdere progressivamente il proprio aspetto aspro grazie alle installazioni, spesso su scala monumentale, create da artisti e team internazionali.
Concepiti secondo un tema guida – per il 2017 è già stato annunciato che si tratterà di Radical Ritual – queste incredibili lavori vengono affiancati da una presenza costante: la colossale statua di legno che dà il nome alla manifestazione, destinata a essere data alle fiamme alla chiusura dell’appuntamento.
In attesa di assistere alle creazioni che verranno ideate e realizzate per l’anno in corso, un volume edito da Real Paper Books ripercorre le tappe salienti di questa kermesse che,anno dopo anno, continua a sfidare le precarie condizioni di un remoto e aspro deserto statunitense.
Corredato da 200 fotografie a colori realizzate dall’autore, lo scrittore Philippe Glade, il libro Black Rock City, NV The new ephemeral architecture of Burning Man rende manifesta anche un’altra peculiarità del festival. La creazione di layout e strutture in grado di resistere a condizioni climatiche estreme è infatti sempre accompagnata dalla necessità di mettere a punto modalità di smontaggio e smantellamento che riportino l’area alle condizioni ambientali di partenza.