A Keur Bakar, a 200 chilometri da Dakar, lo studio TAMassociati ha inaugurato il primo lotto dell'eco-villaggio H2OS, un progetto pilota replicabile e adattabile in altre località dell'Africa, concepito per "combattere desertificazione, abbandono ed emigrazione".
“Desertificazione, abbandono scolastico, emigrazione: H2OS è un progetto che intende ridare speranza a tutte le popolazioni del Sahel Africano. È un progetto pilota open-source, replicabile, adattabile e perfezionabile altrove. È il risultato di una collaborazione internazionale, nata dal basso e ispirata da Sunugal ‒ associazione di immigrati senegalesi in Italia ‒, che via via ha raccolto sempre più adesioni. Ed è destinato a diventare un modello di sostenibilità abitativa per tutto il continente africano, ma adattabile ovunque”.
Con queste parole gli architetti dello studio TAMassociati, incaricato della curatela del Padiglione Italia alla 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, hanno introdotto l’ultimazione dei lavori per il primo lotto di H2OS. Realizzato in un’area priva di elettricità, acqua, servizi scolastici e sanitari, il progetto è destinato a crescere. Infatti, alla recente ultimazione della “eco-maison” con cui si è chiusa la prima fase del progetto, seguiranno ulteriori realizzazioni, sempre nel segno di “una progettazione non invasiva ma partecipata, che sa farsi baluardo e simbolo di diritti quali l’accesso all’acqua, al cibo, alla possibilità di vivere nei luoghi dove si è nati e di allontanarsene per volontà, non necessità“.
La nuova eco-maison si candida al ruolo di “centro” del piccolo villaggio senegalese: sarà infatti impiegata come “casa della comunità”. Al suo interno, oltre a laboratori di arti e mestieri, verranno svolte alcune “attività strategiche”, come il recupero delle acque piovane per impiegarle come acqua sanitaria. Negli spazi all’aperto adiacenti, che comprendono un pozzo, i lavatoi e un orto biologico comunitario, un team in larga parte formato da donne gestirà “un vero e proprio giardino comunitario, in cui le attività di produzione agricola seguiranno i dettami della compatibilità ambientale, alimentare e culturale locale“.