Fino al prossimo 23 giugno, una mostra alla Fondazione Carriero mette in dialogo lo spazio espositivo e le opere di Sol LeWitt, in una costante tensione che trasforma l'architettura e lo stesso lavoro artistico, concretizzandolo in linee e forme realizzate a mano e legate proprio alla materialità dell'ambiente in cui si vengono a trovare.
Inaugurata lo scorso 17 novembre – e visitabile fino al 23 giugno 2018 – la mostra allestita alla Fondazione Carriero di Milano permette al grande pubblico di conoscere uno dei massimi artisti contemporanei statunitensi, proprio nel decennale della sua scomparsa. Attraverso un nutrito corpus di opere che ripercorrono l’intero arco della sua carriera – da 7 dei suoi famosi Wall Drawings a 15 sculture, fino alla serie fotografica Autobiography – Sol LeWitt. Between the Lines si propone infatti di ripercorrere l’intera carriera del minimalista – e poi artista concettuale – americano, a partire dal suo rapporto con l’architettura.
Per l’occasione, l’archistar Rem Koolhaas è stato quindi chiamato a vestire i panni del curatore, insieme a Francesco Stocchi, per farsi interprete di una lettura dell’opera di LeWitt in stretta connessione con lo spazio espositivo.
Non si può parlare in realtà di lavori site-specific, nel caso di Sol LeWitt, dal momento che già nel 1967 LeWitt pubblicava su Artforum un manifesto dell’arte concettuale, di cui conia la stessa definizione – Paragraphs on Conceptual Art – dichiarando che l’idea dell’opera era superiore alla sua esecuzione. Indifferente quindi al contesto, il lavoro dell’artista consiste nel formulare un progetto e le istruzioni per la sua realizzazione, demandando poi ad altri l’esecuzione.
Un po’ come un architetto, appunto, con la sostanziale differenza che LeWitt, nel ruolo di “generatore di idee”, lascia poi all’esecutore l’elemento casuale, sensibile, il “tocco” con cui disegna linee e forme; di fatto introducendo comunque un principio di unicità in uno schema assolutamente prefissato e ripetibile in qualsiasi luogo espositivo.
L’idea e la sua realizzazione, invece di adattarsi allo spazio (come fanno in sostanza le opere site-specific) finisce per rimodellarlo, mettendo in discussione la sua stessa tridimensionalità a forza di disegnarvi strutture bidimensionali.
Dal progetto sul foglio allo spazio, dalla pittura all’architettura, la mostra a Milano si gioca tutta sullo status ambiguo del lavoro di LeWitt: geometrico eppure prodotto manualmente; ideale eppure concretizzato in linee e segni; ripetibile ovunque eppure così legato di volta in volta al contesto in cui si trova.
[Immagine in apertura: Sol LeWitt, 8x8x1, 1989, courtesy Julie e | and Edward J. Minskoff Collection; Sol LeWitt, Wall Drawing #1104: All combinations of lines in four directions. Lines do not have to be drawn straight (with a ruler), 2003. Prima installazione all’Edams Museum, Edam, Olanda. Courtesy Estate ofSol LeWitt ]