Al confine tra impegno politico e gesto artistico, temi drammatici e utilizzo di un'ironia dissacrante, Ai Weiwei ha introdotto nell'arte contemporanea un modo tutto suo di intendere la fotografia: un mezzo per introdurre la protesta civile e l'indignazione sociale nei musei come sui social network. Facendo di se stesso sia l'autore sia il soggetto della propria poetica, ora indagata in una mostra ad Antwerp.
Se c’è un artista che, nel bene e nel male, ha sempre “messo la faccia” in ogni attività intrapresa, quello è Ai Weiwei. Il più famoso artista dissidente al mondo, sempre molto critico nei confronti della violazione dei diritti umani, dell’abuso di potere e del “controllo di Stato” condotto in particolare nella Cina di cui è originario, negli anni ha saputo sfruttare la potenza dell’immagine – e di quella fotografica in special modo – per comunicare la propria battaglia in difesa di alcuni valori civili giudicati universali, quale la libertà d’espressione.
Una mostra in corso fino al prossimo 18 febbraio 2018 al FOMU – Fotomuseum di Antwerp, in Belgio, ripercorre appunto la carriera di Ai Weiwei utilizzando la fotografia come fil rouge della sua produzione artistica.
Presenti nel percorso espositivo sono sia lavori seminali, come il politico Study of Perspective (1995-2011) sia quella sorta di “flusso di coscienza visivo” che l’autore e attivista esprime quotidianamente attraverso i suoi interventi su diversi social network, Twitter e Instagram in primis.
È noto, infatti, come Ai Weiwei abbia documentato online, selfie dopo selfie, la costante sorveglianza a cui il governo cinese l’ha sottoposto per anni.
Nei suoi scatti non mancano neppure gli incontri con persone dentro e fuori il mondo dell’arte, non ultimi i tanti migranti e rifugiati le cui condizioni sono un tema sempre molto sentito – ed espresso di conseguenza – dall’artista.
Cosa distingue l’attività di Ai Weiwei da tante altre campagne per i diritti umani? Cosa rende il suo operato una forma d’arte, oltre che una battaglia per un mondo migliore?
A rispondere sembra essere lo stesso autore, dal momento che la mostra è curata dallo stesso artista: lungo il percorso, attraverso una selezione di lavori fotografici che vanno dagli anni Novanta a oggi, i visitatori hanno l’occasione di scoprire tutta la forza dissacrante e l’originalità ideativa di una poetica che riesce a coniugare individualismo e società, impegno politico e gesto artistico, temi serissimi e un costante senso dell’ironia che permette di “ridere in faccia” anche al più temibile dei potenti.