In occasione del suo quarantesimo compleanno, il Beaubourg dedica una mostra ai suoi architetti. Un'occasione per ripercorre la vicenda progettuale di uno degli edifici simbolo del XX secolo. Fino al 12 febbraio.
Un edificio destinato a cambiare la storia degli spazi per la fruizione culturale: stiamo parlando del Centre George Pompidou di Parigi, inaugurato il 30 gennaio 1977, dopo una lunga e complessa gestazione. A 40 anni dalla sua apertura, il complesso progettato dagli architetti Gianfranco Franchini, Renzo Piano & Richard Rogers celebra la propria storia, ripercorrendo l’intera vicenda costruttiva con un’ampia mostra monografica.
Renzo Piano & Richard Rogers è il titolo della retrospettiva ospitata nel quinto livello del museo parigino. Aperta fino al 12 febbraio prossimo, la mostra racconta l’avventura della costruzione del progetto con cui Renzo Piano, allora 33enne, e Richard Rogers, di appena 5 anni più grande, si aggiudicarono a sorpresa il concorso internazionale indetto all’epoca, avendo la meglio sulle oltre 680 proposte pervenute: uno straordinario spaccato dell’architettura del secondo Novecento, tra visioni acute e intelligenti ed elaborazioni del tema più canoniche. La giuria internazionale, presieduta da Jean Prouvé, scelse di premiare i giovani progettisti sottolineandone l’intelligenza e la temerarietà.
Proprio con la presentazione dei progetti in lizza per quella storica competizione prende avvio il percorso espositivo che, passo dopo passo, documenta l’intero processo costruttivo.
Disegni originali, ritagli di stampa, pubblicazioni su riviste professionali, testimonianze fotografiche raccontano la complessa e affascinate avventura della nascita del Beaubourg.
La vittoria del concorso e l’assegnazione dell’incarico rappresentarono solo il primo passo per Piano e Rogers, che proseguirono la loro opera animati dal desiderio di conferire sostanza allo spirito del progetto, animato da una “frenetica ricerca di funzionalità e flessibilità“.
Tra detrattori e sostenitori, tra insidie e ostacoli superati, la monografica apre un varco anche negli aspetti tecnologicamente più innovati – e spiazzanti – del complesso, noto anche per la scelta di assegnare visibilità e identità cromatica ad elementi tradizionalmente celati nella struttura, come ascensori e montacarichi, scale mobili, impianti per il condizionamento e la ventilazione, cavi dell’elettricità.
Un intervento dunque coraggioso, associato a un programma funzionale altrettanto innovativo, fondato sulla compresenza nello stesso edificio di un museo, di una biblioteca pubblica, di un istituto di ricerca e di altri luoghi ancora.
Una storia da scoprire o riscoprire, a 40 anni dalla sua ultimazione.