I Tarocchi del Mantegna, la più misteriosa serie di stampe del Quattrocento

15 Aprile 2018


La Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano custodisce, tra i suoi tanti tesori su carta, anche la più antica serie a stampa realizzata nel Nord Italia nella seconda metà del Quattrocento.
Ma non è soltanto il dato cronologico a rendere interessante questi fogli: si tratta di un corpus di opere di cui non si conosce l’autore e neppure il motivo per cui sono state create, tuttora avvolto nel mistero. Presentati in mostra dal 17 aprile fino al primo luglio, i cosiddetti Tarocchi del Mantegna devono infatti questo nome a un equivoco: alcuni dei soggetti rappresentati e il fatto che si trattasse di incisioni sciolte, in un formato simile a quello delle carte da gioco, hanno indotto inizialmente a pensare si trattasse di un pregiatissimo, quanto insolito, mazzo di tarocchi.

Per quanto riguarda l’ipotesi che a realizzare le stampe fosse stato Mantegna, anch’essa è ormai stata confutata, anche se il nome del grande Maestro rinascimentale fa ormai parte della terminologia popolare con cui si indicano questi capolavori.
Seppure si crede ormai che le stampe siano di area ferrarese, e strettamente legate agli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, oppure firmate dal veneziano Lazzaro Bastiani, la precedente proposta di attribuzione non è poi così incredibile: i Tarocchi presentano effettivamente una qualità davvero notevole, con un tratto finissimo e un raffinato sistema di ombreggiatura a tratteggi incrociati; in alcuni dei fogli in Ambrosiana è ancora presente la traccia della foglia d’oro e delle lumeggiature dorate, utilizzate per impreziosire ulteriormente questa serie già artisticamente rilevante.

Per apprezzare appieno la forma primitiva di questo affascinante corpus di lavori, che originariamente si presentavano rilegati all’interno di libri e non come fogli singoli, lungo il percorso espositivo che l’Ambrosiana dedica ai Tarocchi sarà installata una postazione multimediale, dove verrà mostrato in digitale l’esemplare conservato nella Pinacoteca Malaspina di Pavia.