Scomparso nel 2015, l'artista originario della Repubblica Democratica del Congo ha realizzato sculture di edifici immaginari e maquette di città che riflettevano i sogni per il suo Paese, per il continente africano e per il pianeta. Un modello estremo e utopico di società, in mostra a New York fino a gennaio 2019.
Cosa può diventare un Paese che si appresta a intraprendere il proprio percorso in autonomia, una volta riconquistata l’indipendenza?
Che forma potrebbe assumere una città, se fosse possibile immaginarla a partire da un foglio bianco?
Il visionario artista Bodys Isek Kingelez, originario della Repubblica Democratica del Congo e scomparso nel 2015, ha modellato con le sue opere il desiderio di rinascita del suo Paese – una volta divenuto indipendente dal Belgio – e forse di tutto un continente.
La mostra Bodys Isek Kingelez: City Dreams, aperta alle The Philip Johnson Galleries del MoMA fino all’1 gennaio 2019, consente un’immersione nel suo immaginario, popolato di sculture vibranti, visioni ambiziose e utopiche, modelli fantastici messi a punto per una società più armoniosa.
Realizzati con un’incredibile gamma di materiali di uso quotidiano e con oggetti recuperati dalla vita di tutti i giorni – tra cui carta colorata, imballaggi commerciali, plastica, lattine di bibite e tappi di bottiglia, tutti meticolosamente riutilizzati e sistemati – i modelli dell’artista africano costituiscono un’alternativa ottimistica alla sua esperienza di vita urbana a Kinshasa. La sua città natale, infatti, è stata sottoposta a una crescita demografica esponenziale, in larga parte non accompagnata da una pianificazione urbana accorta e al passo con le esigenze della popolazione.
Infrastrutture insufficienti, iniquità economica, legittime richieste da parte delle comunità residenti di un generale ripensamento delle condizioni di vita urbana hanno sollecitato l’artista a sperimentare il “potere riabilitativo dell’architettura”, un tema largamente affrontato anche in questi anni.
All’interno di un allestimento realizzato in collaborazione con l’artista Carsten Höller, questa prima retrospettiva americana del lavoro di Kingelez abbraccia tutta la sua carriera: dalle prime sculture monostrutturali, alle spettacolari città tentacolari, fino ai futuristici lavori concepiti per rendere più concreta la speranza di “mondo migliore e più pacifico“.
[Immagine in apertura: Bodys Isek Kingelez, Place de la Ville, 1993. Courtesy The Museum of Everything. On Loan (Incoming)]