Il meccanismo della visione è in se stesso una meraviglia: il nostro cervello sintetizza, a partire dalle due immagini distinte registrate dai nostri occhi, una sola rappresentazione tridimensionale. Da informazioni bidimensionali, insomma, si ottiene il 3D. Dalla scoperta di questo principio, gli artisti non hanno mai smesso di sperimentare metodi per creare oggetti tridimensionali. Una mostra in corso a Los Angeles ripercorre la storia di questa "ossessione", nata ben prima della realtà virtuale...
Fino al prossimo 31 marzo, il LACMA – Los Angeles County Museum of Art propone ai visitatori la prima retrospettiva americana a indagare in profondità il fenomeno degli oggetti e delle creazioni artistica in 3D.
Una mostra quanto mai necessaria, sostiene il CEO del LACMA, Michael Govan: “In un momento in cui tutti parlano di spazio virtuale e arte immersiva, questa mostra invita il pubblico a dissezionare la complessità della visione e della percezione. Lungo tutta la storia, gli artisti hanno sperimentato sulla base delle teorie per rappresentare e reinventare gli oggetti tridimensionali, e le emozioni che questi trasmettono“.
E non manca di emozionare, o comunque catturare l’attenzione dello spettatore, la mostra 3D: Double Vision. Lo fa esponendo una sessantina di opere d’arte “anomale” per formato e tecnica di realizzazione, che per questo richiedono di essere “attivate” ricorrendo a specchi, lenti, filtri e movimenti, ovvero alla partecipazione attiva dei visitatori.
Sin dall’invenzione – pressoché simultanea – della fotografia e dello stereoscopio, “la ricerca della perfetta rappresentazione 3D ha stimolato l’innovazione e diffuso un senso di meraviglia, generazione dopo generazione“: come sostiene Britt Salvesen, a capo del Wallis Annenberg Photography Department e del Prints and Drawings Department del LACMA, “l’esposizione dimostra come la fascinazione per il 3D persista dall’epoca vittoriana e sia giunta fino ai giorni nostri“.