Il Padiglione d’Arte Contemporanea accoglie opere provenienti del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis” e importanti documenti, esito delle ricerche condotte sull’Archivio Raimondi, conservato presso l’Università di Bologna.
Nonostante gli interventi di riqualificazione architettonica in corso a Palazzo Massari, sede delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, per gli appassionati dell’arte di Filippo de Pisis resta comunque possibile apprezzarne le opere e conoscerne il peculiare linguaggio.
Fino al 2 giugno prossimo, infatti, è il Padiglione d’Arte Contemporanea, sempre a Ferrara, ad accogliere un ricco corpus di opere provenienti del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”. La selezione consente di esaminare e comprendere le fasi salienti della parabola creativa dell’artista, grazie a un percorso cronologico nel quale le opere sono affiancate da importanti documenti storici e biografici.
Curato da Lorenza Roversi, questo progetto espositivo costituisce l’occasione per apprendere gli esiti delle ricerche condotte sull’Archivio Raimondi, conservato presso l’Università di Bologna. Si tratta di lettere, cartoline e testi autografi scritti da De Pisis e indirizzati all’amico – scrittore e critico – Giuseppe Raimondi, nell’arco compreso dagli anni Venti ai Cinquanta. Tali testimonianze consentono di aprire un varco nella vicenda personale del pittore ferrarese, svelando un lato privato della sua vita.
Del resto, la pittura e la letteratura furono le sue grandi passioni, con quest’ultima che divenne fin dalla giovinezza uno strumento funzionale all’espressione “dell’anima della natura, degli oggetti, delle persone, dei luoghi“.
Due i filoni tematici presi in esame dalla mostra, concepiti come sezioni in grado di intersecarsi. Da una parte c’è la bellezza efebica, argomento affrontato in maniera incessante con matite o pennelli sui fogli di un ricchissimo “diario per immagini”; dall’altra viene proposto un inedito dialogo tra alcune nature morte di De Pisis e quelle, rare, realizzate da Giovanni Boldini. Si compie così un “simbolico passaggio di testimone tra due generazioni e tra due visioni lontane del fare pittura“.
Di valore anche “simbolico” sono le opere scelta per la chiusura del percorso espositivo: La rosa nella bottiglia, del 1950, e Le pere – Villa Fiorita, datata 1953, vennero infatti eseguiti nel periodo del ricovero nella clinica di Villa Fiorita. La cui dimensione architettonica viene evocata in mostra dallo spazio chiuso e bianco dell’ultima saletta, al piano superiore.
[Immagine in apertura: Filippo de Pisis, Natura morta col martin pescatore, 1925. Ferrara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”]