Anche loro contribuiscono a dare un'anima alla città marocchina di Casablanca, spesso recuperando e dando una seconda vita a scarti, rifiuti e oggetti abbandonati ma ancora potenzialmente funzionanti: sono lucidatori di scarpe, guardie, venditori ambulanti, ovvero "designer per caso" sulle cui creazioni spontanee su cui riflette ora una mostra, visitabile per l'intero mese di gennaio.
Con la mostra Design Without Designers, l’Ecole Supérieure des Beaux di Casablanca, in Marocco, riflette sulle forme di occupazione informale e spontanea dello spazio pubblico diffuse in giro per la città.
Sono molte, infatti, le persone che impiegano le strade e le piazze per svolgere le loro occupazioni, modificando, seppur temporaneamente, porzioni di tessuto urbano con postazioni individuali o multiple, realizzate recuperando materiali semplici, abbandonati e “scarti”.
Parte di un’iniziativa più ampia, il progetto espositivo intendere dare voce a questi “anonimi designer”, la cui presenza nella città contemporanea contribuisce a definire forme alternative di approccio all’ambiente condiviso, oltre a rivelare una spiccata creatività e un certo “talento” nell’autocostruzione, pur in assenza di una formazione specifica.
Analogamente all’esperienza del 1964, quando l’architetto Bernard Rudofsky presentò per la prima volta al mondo la sua selezione di “architetture senza architetti”, nel corso di una celeberrima mostra al MoMA di New York, la rassegna marocchina presenza anche alcuni esempi di sedia progettati da un gruppo di studenti per il signor Abdelhadi, un custode e addetto alle pulizie incontrato nel corso di un seminario di ricerca. Il risultato è una collezione sui generis, capace di svelare le straordinarie potenzialità di un oggetto di uso comune, che è fondamentale nella quotidianità di questi lavoratori.
Tali opere stabiliscono un dialogo creativo con le sedie dei “designer improvvisati” e anche con le fotografie della serie The eyes watching you. Realizzati dall’artista marocchina Rita Alaoui, gli scatti elevano la sedia a “simbolo di sorveglianza e controllo”, offrendo uno sguardo critico sul ruolo di portieri e custodi nello spazio pubblico marocchino e aggiungendo un ulteriore livello narrativo alla mostra.
[Immagine in apertura: exhibition view, photo © Laura Drouet & Olivier Lacrouts]