Prima dell'invenzione della fotografia, la tecnica dell’acquerello ha permesso di riprodurre e documentare il nostro mondo e tutte le specie viventi. Il sito The Watercolour World sta raccogliendo centinaia di esemplari di acquerelli in versione digitale, sia per ragioni di tipo conservativo, sia per sensibilizzare sui cambiamenti climatici in corso nel pianeta.
Se volessimo raffigurare un paesaggio naturale del pianeta con la stessa tecnica impiegata prima dell’invenzione della fotografia, ovvero ricorrendo all’acquerello, probabilmente ci troveremmo di fronte a risultati diversi rispetto a quelli ottenuti 100 o 200 anni fa. Antropizzazione, urbanizzazione, cambiamento climatico stanno infatti agendo, spesso in forma combinata, sull’aspetto della Terra: quanto fissato dagli artisti del passato potrebbe non essere più visibile.
Il sito The Watercoulor World, finanziato dall’organizzazione non profit britannica Maradi Foundation con il sostegno del Principe Carlo e dalla sua consorte, ha già riunito oltre 80mila esemplari di acquerelli in versione digitale.
Per i promotori dell’iniziativa gli obiettivi di questo progetto sono molteplici. Non c’è solo la volontà di salvare dall’oblio migliaia di opere realizzare ad acquerello, che rischiano di venire danneggiate se non opportunamente conservate.
Lo “straordinario viaggio nel mondo in epoche precedenti, per incontrare i nostri predecessori e per osservare come hanno vissuto, amato e giocato“, come lo ha definito Fred Hohler, ideatore di The Watercoulor World, intende anche fare leva sulle coscienze in un’ottica dichiaratamente ambientalista. Il progetto, infatti, “fornirà agli scienziati e agli ambientalisti un accurato resoconto visivo di gran parte del mondo naturale come in passato“, ha sottolineato anche Hohler, puntando l’attenzione sulla possibilità di “trovare luoghi perduti e vedere le radici del progresso umano” sfogliando questa raccolta di meraviglie meticolosamente fatte a mano.
[Immagine in apertura: William Taverner, Untitled – View near a sandpit at Woolwich, 1703-1722, © Trustees of the British Museum]