Su entrambi i lati dell'Atlantico, gli scatti del duo di fotografi hanno contribuito a documentare l'attività di alcuni dei più rilevanti protagonisti dell'arte del secondo Novecento. Una mostra riavvolge il nastro, per raccontare una stagione irripetibile.
Raccontare la vicenda del sodalizio tra i fotografi Harry Shunk e János Kender, rispettivamente scomparsi nel 2006 e nel 2009, equivale a ripercorre significative pagine della storia dell’arte del Novecento.
In seguito al loro primo incontro, avvenuto a Parigi nel 1957, il duo intraprese l’attività in forma congiunta, documentando con continuità la scena artistica della capitale francese, dedicandosi a lavori su commissione per artisti e galleristi, immortalando eventi artistici, mostre, spettacoli e addentrandosi nella dimensione privata degli studi d’artista.
Non è dunque un caso che sia propria la Galerie de Photographies del Centre Pompidou, a partire dal 27 marzo, a ospitare una mostra dedicata al lavoro dei due fotografi.
Questo progetto espositivo affianca alla restituzione della scena artistica parigina, tra la fine degli Cinquanta e i primi anni Settanta, un focus su New York, città che costituì un secondo polo di attrazione per il duo. Anche dall’altra parte dell’Atlantico, come sarà documentato da questa rassegna, il loro interesse per l’arte diede vita a importanti risultati.
Sono opera loro le fotografie relative alle mostre pionieristiche degli anni Settanta, come Software al Jewish Museum di New York, allestita proprio all’inizio di quel decennio. Nella metropoli statunitense il duo ha fotografato le esibizioni di Yayoi Kusama e Nam June Paik, le coreografie di Trisha Brown e Merce Cunningham e i primi oggetti incartati da Christo e Jeanne-Claude, solo per citare alcuni “incontri chiave”.
Nel 2008, la Fondazione Roy Lichtenstein ha acquisito le fotografie degli autori, per poi condividerle sotto forma di donazioni con il Centre Pompidou e con molte altre importanti istituzioni.
Visitabile fino al 5 agosto, la mostra parigina restituisce lo spirito di una stagione irripetibile del Novecento e ancora di grande fascino, contraddistinta dal desiderio di liberazione sessuale e artistica e animata dalla ricerca di nuovi e alternativi spazi, in cui creare e diffondere l’arte.
[Immagine in apertura: Harry Shunk e János Kender: JOHN BALDESSARI, Hands Framing New York Harbor, 1971]