Sarà permanentemente esposta nella sala della Medusa, in dialogo con la mostruosa creatura del Caravaggio, la Santa Caterina d'Alessandria eseguita da Artemisia Gentileschi. Oggetto di un approfondito studio, condotto dagli specialisti dell'Opificio delle Pietre Dure, l'opera ha rivelato interessanti sorprese...
“Quest’anno potremo celebrare la Festa della Donna con importanti rivelazioni, che cambiano ciò che sappiamo riguardo ad Artemisia, una delle pittrici più importanti di tutta la storia dell’arte.”
Così Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, ha scelto di commentare i risultati emersi dalle indagini non invasive eseguite sulla Santa Caterina d’Alessandria di Artemisia Gentileschi, di proprietà della principale istituzione museale fiorentina.
Presentato nei giorni scorsi, lo studio costituisce un importante arricchimento nelle conoscenze sull’opera della pittrice romana, nota caravaggista. Gli esami, durati circa un mese e condotti con una pluralità di tecniche diagnostiche che hanno previsto l’impiego di raggi X, ultravioletti e infrarossi, hanno permesso di fare luce sulla complessa genesi di questo lavoro, risalente al 1615 circa.
In particolare, è emerso che sotto la superficie dell’opera esiste una versione preesistente della Santa Caterina, realizzata senza corona e con un turbante. Risultano diverse anche la posizione e l’espressione del volto: anziché essere in contemplazione, di tre quarti e con lo sguardo rivolto verso l’alto, come nel dipinto finito, era inizialmente indirizzato verso l’osservatore.
Incrociando la versione del dipinto di proprietà degli Uffizi con quella, identica, acquisita alcuni mesi fa dalla National Gallery di Londra, i ricercatori hanno potuto evidenziare, attraverso la sovrapposizione virtuale, profonde analogie tra le due versioni della martire. L’ipotesi, quindi, è che entrambe le tele derivino dallo stesso cartone di Artemisia Gentileschi.
Sulla versione conservata nel museo toscano, l’artista potrebbe aver inserito una corona con elementi medicei e aver previsto modifiche parziali dei tratti somatici della santa in omaggio alla figlia di Ferdinando, il cui nome era proprio Caterina.
Come ha ricordato la storica dell’arte Cecilia Frosinini, “Caterina, figlia di Ferdinando e sorella di Cosimo II, coetanea di Artemisia, era in quegli anni al centro delle politiche matrimoniali di casa Medici; vi fu infatti un tentativo di prometterla in sposa al principe del Galles e, successivamente, venne data in moglie al duca Ferdinando Gonzaga di Mantova. Il dipinto può essere un omaggio a lei o forse solo anche ispirato a questa figura dinastica, nel momento in cui la pittrice ritrae una Santa Caterina diversa dalle altre versioni della martire di Alessandria, così fortemente connotata da attributi medicei“.
Ulteriori dettagli sono stati rilevati tramite gli esami ai raggi X: una iniziale posizione diversa della mano sinistra della santa, poi cambiata dalla Gentileschi, e la presenza di un velo sulla scollatura dell’abito.
Infine, c’è il “mistero” del piccolo volto riaffiorato in corrispondenza della parte a sinistra del viso di Santa Caterina, che risulta essere del tutto decontestualizzato rispetto all’opera finita o alla sua precedente versione. La sua presenza induce gli specialisti dell’Opificio delle Pietre Dure, ai quali si deve questo studio, a pensare che l’artista riutilizzò una tela iniziata; pratica comune anche ai suoi contemporanei, in un’ottica di risparmio sui materiali.
“La maestria degli specialisti dell’Opificio ha permesso di scoprire i segreti della nostra bellissima Santa Caterina: e ora, grazie al loro lavoro, siamo felici di poter affermare che oltre ai cinque capolavori dell’artista di proprietà delle Gallerie, gli Uffizi ne conservano un altro aggiuntivo, fino ad oggi nascosto sotto la pittura visibile della Martire d’Alessandria“, ha concluso il direttore Schmidt.