Il National Geographic mostra a Bologna i danni ambientali della plastica

21 Aprile 2019

JOHN STANMEYER mostra Planet or Plastic National Geographic

Planet or Plastic? La plastica o il nostro pianeta?
Non si può restare indifferenti di fronte all’interrogativo – che è innanzitutto un monito elevato a titolo della mostra con cui il National Geographic intende sensibilizzare verso l’uso consapevole e responsabile della plastica.
Visitabile fino al 22 settembre, negli spazi del complesso museale Santa Maria della Vita a Bologna, questo progetto espositivo restituisce gli esiti della campagne di documentazione fotografica realizzate dei grandi reporter di National Geographic, accanto al lavoro artistico di Mandy Barker. La pluripremiata fotografa britannica ha utilizzato rifiuti di plastica, raccolti in tutto il mondo, per un progetto di grande impatto emotivo, che intende accendere i riflettori su una delle questioni più urgenti legate alla salvaguardia del pianeta.

Come noto, mentre i rifiuti organici necessitano di tempi minori per essere degradati, la plastica è leggera, resistente e pensata per essere indistruttibile. La quantità di rifiuti di origine plastica – dai sacchetti monouso ai componenti di strumenti elettronici, solo per citare alcune categorie – è costantemente cresciuta negli ultimi decenni. Il risultato? Non essendo biodegradabile, la plastica sta letteralmente invadendo il pianeta, con conseguenze dirette per la salute dei mari e della fauna marina.

Curata dal direttore di National Geographic Italia, Marco Cattaneo, e dalla redazione, con la collaborazione della scrittrice e documentarista Alessandra Viola, la mostra sottopone all’attenzione dei visitatori 8 temi di approfondimento: dalla quantità di plastica prodotta nel mondo all’impatto sull’ambiente e sulla catena alimentare, dal riuso all’educazione individuale e collettiva.
Il percorso espositivo include Iceberg, un’installazione in cui l’artista Francesca Pasquali ricorre a oggetti di uso comune allo scopo di donare loro una seconda vita, e la proiezione del documentario di National Geographic Punto di non ritorno. Opera del regista premio Oscar Fisher Stevens e dell’attore premio Oscar – e Messaggero della Pace per conto dell’ONU – Leonardo DiCaprio, documenta le conseguenze del cambiamento climatico in corso nel pianeta.

Due, infine, le iniziative di interesse collettivo associate alla mostra. I visitatori che vorranno potranno portare una bottiglia di plastica e lasciarla in un grande contenitore: tutte le bottiglie raccolte confluiranno in una installazione architettonica itinerante che sarà l’oggetto del concorso internazionale di idee Plastic Monument – Architectural Design Competition.
Infine, YAC – Young Architects Competitions – società leader nella promozione di concorsi internazionali di idee – ha appena lanciato un concorso che invita i giovani architetti a progettare un’installazione in grado di incarnare i valori di tutela e sensibilità ambientale della mostra. Gli elaborati saranno valutati da una giuria di architetti internazionali, composta tra gli altri da Kengo Kuma, Carlo Ratti e Italo Rota.

[Immagine in apertura: Un’acacia coperta di sacchetti di plastica gettati dai viaggiatori. I nomadi Afar usano il termine Hahai, ovvero “gente del vento”, per descrivere rifugiati, disertori, lavoratori migranti e altri che attraversano furtivamente il deserto. FOTO: John Stanmeyer/National Geographic]