Assegnato ogni tre anni, il prestigioso riconoscimento è stato conferito a sei interventi realizzati in Bahrein, Bangladesh, Palestina, Federazione Russa, Senegal ed Emirati Arabi Uniti.
Sono stati realizzati in Bahrein, Bangladesh, Palestina, Federazione Russa, Senegal ed Emirati Arabi Uniti i sei interventi architettonici che si sono aggiudicati l’edizione 2019 del prestigioso Aga Khan Award for Architecture. Istituito nel 1977, il riconoscimento triennale è assegnato a opere in grado di rispondere, con efficaci soluzioni, ai bisogni e alle aspirazioni delle comunità nelle quali la componente musulmana risulta essere una presenza significativa.
Uno degli aspetti peculiari dell’Aga Khan Award for Architecture è il “valore comunitario”: a essere premiati, infatti, non sono solo gli architetti, ma anche i committenti, le istituzioni pubbliche o private, le maestranze, i tecnici e tutti gli altri soggetti che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. Selezionati in una rosa di venti finalisti, i sei progetti assegnatari del riconoscimento pecuniario previsto, pari a un milione di dollari complessivo, consentono di accendere i riflettori su processi di particolare interesse architettonico in corso, o da poco conclusi, nei Paesi coinvolti.
Tra gli interventi premiati, seppur ancora in progress, rientrano ad esempio la rivitalizzazione del centro storico della città di Al Muharraq, in Bahrein, iscritto anche nella UNESCO World Heritage List, e l’ambizioso Tatarstan Public Spaces Development Programme. Quest’ultimo, in particolare, coinvolge l’intera Repubblica del Tatarstan e punta all’attivazione di decine di spazi pubblici anche attraverso pratiche di coinvolgimento dei residenti. Fin qui, sono stati già ben 328 gli spazi pubblici ultimati.
Gode già di una certa notorietà il Palestinian Museum di Birzeit, che aveva anche ottenuto l’importante certificazione LEED Gold grazie alle distintive strategie sostenibili adottate nel corso della sua costruzione. Completano la lista dei premiati l’Unità didattica e di ricerca dell’Università Alioune Diop di Bambey, in Senegal, dove la scarsità di risorse ha indirizzato verso l’uso di strategie bioclimatiche; il Wasit Wetland Centre di Sharjah, negli Emirati, che ha condotto alla trasformazione di un’area inutilizzata in un centro di ricerca sulla zona umida; e l’Arcadia Education Project, nel sud di Kanarchor, in Bangladesh, contraddistinto da una struttura modulare in cui il bambù è il materiale prevalente.
[Immagine in apertura: Vista aerea della piscina sulla spiaggia della città, Almetyevsk © Ivan Petrov]