La fotografia di Peter Hujar, da New York a Parigi

18 Ottobre 2019


Ci sono artisti che hanno davvero guidato la propria carriera come una macchina a fari spenti. Meteore velocissime e silenziose, che nel loro percorso hanno raccontato la vita omaggiandone tragicità e bellezza. Tra questi vi è senza dubbio Peter Hujar, fotografo raffinatissimo mai troppo riconosciuto nel corso della sua attività, e che oggi il Jeu de Paume di Parigi ha deciso di raccontare attraverso una importante retrospettiva.

Aperta fino al prossimo 19 gennaio, e curata da Joel Smith e Quentin Bajac, Peter Hujar: Speed of Life porta all’attenzione del pubblico circa 140 scatti dell’artista, alzando il sipario non solo sulla sua ricerca, ma anche e soprattutto sulla sua biografia turbolenta, segnata in ogni dimensione dal legame imprescindibile con la New York degli anni Ottanta.

Molte delle fotografie qui proposte – gran parte delle quali in formato quadrato – raccontano infatti la Grande Mela alle prese con l’incontenibile vitalità di quel periodo. I paesaggi urbani in trasformazione e gli interni desolati dei suoi appartamenti testimoniano la doppia faccia di una metropoli vivace, eppure costretta a fare i conti con le inquietudini esistenziali di quegli anni caotici. Ne sono una prova i volti vulnerabili delle celebrità del tempo: tra le altre immortalate da Hujar, William Burroughs, Peggy Lee e Isaac Hayes, ritratti nella solitudine del loro studio o di un camerino deserto.

Ma la fotografia di Peter Hujar fu indissolubilmente legata anche alla sfera sessuale dell’America di quei decenni. Promiscuità e trasgressione sono riflessi con empatia in molte di queste immagini, testimonianze di una sottocultura che esplose onnivora, e che fu presto sovrastata dallo spettro dell’AIDS. Ecco allora l’attivismo LGBT, le foto delle drag queen in costume, ma soprattutto gli amici più intimi, “catturati” dal fotografo negli ultimi giorni di malattia. E poi ancora i nudi delicatissimi, i dettagli della natura e l’innocenza degli animali, a testimonianza di un’attività artistica dallo straordinario afflato poetico.

[Immagine in apertura: Peter Hujar, Ethyl Eichelberger as Minnie the Maid, 1981. Tirage gélatino-argentique, The Morgan Library & Museum, achat en 2013 grâce au Charina Endowment Fund © Peter Hujar Archive, LLC, courtesy Pace/MacGill Gallery, New York and Fraenkel Gallery, San Francisco]