Il sospetto che Shakespeare non fosse il solo autore ad aver scritto l'“Enrico VIII” era nell'aria dal 1850, ed è stato confermato oggi. A riportare l'argomento sotto i riflettori uno speciale algoritmo, messo a punto dal ricercatore ceco Petr Plecháč.
E se la storia dell’arte e della letteratura non fosse come ce l’hanno insegnata? È di questi giorni la notizia di una sorprendente scoperta, che mette in discussione la paternità di una delle opere cardine della cultura occidentale. Stiamo parlando dell’Enrico VIII, ultimo tra i componimenti teatrali di William Shakespeare – realizzato tra il 1612 e il 1613.
Stando alle dimostrazioni di un ricercatore dell’Accademia di Scienze di Praga, l’opera sarebbe infatti da attribuire in larga misura a un secondo autore, di certo meno conosciuto, ma che avrebbe accompagnato Shakespeare in modo determinante nella stesura del capolavoro, arrivando a scrivere quasi metà del testo, oltre che una serie di scene composte a quattro mani con il poeta inglese. Il nome del misterioso scrittore sarebbe John Fletcher – un nome, in verità, non nuovo alla critica shakespeariana, e già menzionato nel 1850 da James Spedding come possibile co-autore del dramma.
A rispolverare la clamorosa teoria, a 169 anni di distanza, è oggi il professor Petr Plecháč che, servendosi di un apposito algoritmo, è riuscito a calcolare una percentuale attendibile delle parti dell’opera effettivamente composte da Fletcher. Per arrivare a ciò, il ricercatore ceco ha analizzato un campione di opere dei due scrittori, identificando, tramite l’intelligenza artificiale, lo stile, la metrica e le parole maggiormente usate all’interno dei rispettivi testi.
Ponendo i dati in relazione all’Enrico VIII, si è constatato che solo le prime due scene del IV e V atto e una parte del V sarebbero state scritte dal maestro inglese, mentre le restanti sarebbero da ricondurre a un lavoro a quattro mani, se non addirittura alla sola penna di Fletcher, rimasto a questo punto per secoli all’ombra del “padre” di Amleto.