Ci sono registi che hanno utilizzato la macchina da presa come strumento introspettivo. Il MOCA, nuovo museo virtuale dedicato al cinema autobiografico, nasce da questa volontà: raccogliere film e documentari realizzati da autori che hanno deciso di mettere a nudo la propria esperienza davanti all'osservatore.
Sin dai suoi albori, il cinema non ha mai smesso di girare la camera “verso l’interno”, dimostrando l’innata quanto necessaria propensione di un gran numero di registi a raccontarsi, condividendo le loro storie – spesso intime e personali – con il pubblico.
A puntare l’attenzione su questo approccio “autoreferenziale” è oggi un nuovo museo virtuale, nato a Madrid grazie alla collaborazione tra l’associazione La Cinematographic e la società Cafés Candelas. Stiamo parlando del MOCA ‒ Museo Online de Cine Autobiográfico: uno spazio in rete che raccoglie film e documentari che partono dalla scrittura autobiografica e dall’esplorazione della memoria personale degli autori.
Suddiviso in varie sezioni, il portale trova il suo “cuore” nella collezione permanente, ricca di filmati realizzati in Super8 – nella maggior parte dei casi da persone comuni – durante le vacanze estive o in speciali momenti familiari. Questa sezione, mirata per lo più all’utilizzo “domestico” della macchina da presa, sarà affiancata da un ciclo di mostre temporanee che indagheranno di volta in volta aspetti più sperimentali del cinema “in prima persona”.
Ne è un esempio Toronto First Person, l’attuale programma espositivo dedicato a dodici cineasti canadesi che, dagli anni Settanta a oggi, si sono serviti del cinema per raccontare la loro esperienza umana. Tra gli autori che si alterneranno sul portale del museo nelle prossime settimane Rick Hancox (in mostra fino al primo febbraio; nell’immagine in apertura un fotogramma di Waterworx), Phill Hoffman (dal 2 al 15 febbraio) e Mike Hoolboom (dal 16 al 29 febbraio).