Il parco che riproduce un’impronta digitale e assicura il distanziamento

18 Aprile 2020

Studio Precht, Parc de la Distance. Image credits Studio Precht

I cambiamenti imposti dalla pandemia e la consapevolezza di dover adottare, anche nei prossimi mesi, nuovi comportamenti comuni stanno alimentando il dibattito tra i professionisti dei settori del design e dell’architettura. Parallelamente alle riflessioni in corso in merito all’adattamento degli ambienti destinati al lavoro ‒ dagli uffici alle fabbriche ‒, degli spazi per la condivisione ‒ come bar, negozi, ristoranti, teatri, cinema o stadi ‒ e dei mezzi di trasporto collettivi, cominciano ad arrivare proposte legate anche ai parchi pubblici.

Sebbene, soprattutto nelle città urbane più densamente popolate, la possibilità di tornare ad accedere ai giardini possa sembrare ancora lontana, c’è chi ha iniziato a interrogarsi su come potrebbe cambiare l’aspetto delle aree verdi urbane. Un modello è stato sviluppato da Studio Precht, fondato nel 2017 da Fei Tang Precht e Chris Precht, che ha scelto di fissare la propria sede operativa tra le vette dell’Austria. “Da questa remota località elaboriamo progetti per tutto il mondo“, affermano per presentarsi, aggiungendo di ritenere questa forma di isolamento montano “non solo una fonte di creatività, ma anche una componente essenziale per il benessere mentale e fisico“.

IL PARC DE LA DISTANCE

Il punto di partenza per il design del Parc de la Distance è stata l’analisi della scena attuale. Prendendo come esempio Vienna, Fei Tang Precht, Chris Precht e Andreas Stadlmayer di Studio Precht hanno osservato come sia stato necessario chiudere tutti i parchi, compresi i più celebri come Schönbrunn e Belvedere, per effetto dalla pandemia. Si sono dunque chiesti quali linee guida dovrebbe seguire la progettazione di un parco in grado di rispettare le regole del distanziamento fisico e, quindi, capace di assicurare ai residenti la possibilità di sgranchirsi le gambe con una passeggiata “a contatto con la natura” in tutta sicurezza.

Concepito per un terreno libero e disponibile nella capitale austriaca e potenzialmente esportabile ad altre latitudini, il piano di Studio Precht garantisce la distanza richiesta grazie al suo peculiare “tocco umano”: riproduce, infatti, un’impronta digitale. Trasferita nello spazio, si traduce in una serie di percorsi paralleli che definiscono il design del parco ed evocano l’archetipo del labirinto. Ciascuno di essi è dotato di accessi, in entrata e in uscita, che consentono di verificare la presenza di altri visitatori all’interno. Le corsie del Parc de la Distance sono distanti 240 centimetri l’una dall’altra e lunghe circa 600 metri; la divisione è affidata a siepi larghe 90 centimetri, con altezze variabili, in modo tale da consentire agli utenti sia di sentirsi completamente immersi nella natura, sia di “emergere” e vedere il resto del parco. E quando tutto questo sarà finito e non sarà più indispensabile mantenere le distanze reciproche? I progettisti hanno pensato anche a questo: “Il parco potrà essere usato per sfuggire al rumore e al trambusto della città, oltre che per restare da soli per qualche tempo. Ho vissuto in molte città, ma penso di non essere mai stato solo in uno spazio pubblico. Penso che sia una qualità rara“, ha precisato Chris Precht in un’intervista.

[Immagine in apertura: Studio Precht, Parc de la Distance. Image credits Studio Precht]