Risale agli anni Settanta la collaborazione tra Luigi Ghirri e Marazzi, azienda leader nel settore della ceramica. Un nuovo progetto celebra i risultati di quel connubio inedito. Una storia fatta di ricerca, creatività e amore per il territorio.
È il 1943 quando Luigi Ghirri, fotografo del quotidiano, nasce in provincia di Reggio Emilia. Ospite del Collegio San Carlo di Sassuolo sin da piccolissimo, il bambino vede ogni mattina uomini e donne partire in bicicletta dalla struttura per raggiungere le fabbriche di ceramica vicine. Tra queste l’azienda Marazzi è una delle più rinomate, un’eccellenza che – dal 1935 – dà lustro al territorio e alla sua economia.
Gli anni passano, la passione di Ghirri per la fotografia si affina, e parallelamente aumenta la curiosità per quell’azienda fondata da Filippo Marazzi con intraprendenza e spirito innovatore. Nel 1975 questi due mondi, solo sulla carta distanti, entrano finalmente in contatto: l’artista varca le soglie della fabbrica di ceramica, conoscendone non soltanto il valore imprenditoriale, ma anche l’impegno culturale. Con filiali in Francia e Spagna, e grazie al brevetto della monocottura, Marazzi è infatti una società leader nel suo settore, ma anche una vera e propria fucina di talenti, abile nel coinvolgere artisti, designer, fotografi e architetti, offrendo loro la possibilità di sperimentare.
Nasce da queste premesse Portfolio Marazzi, il progetto di ricerca fotografica di Ghirri dedicato al connubio tra immagini e artigianato, innovazione e tradizioni del territorio. Conservate per anni nell’archivio dell’azienda emiliana, e per lo più mai esposte o pubblicate, le opere dell’artista scattate in quel periodo sono oggi al centro di un nuovo percorso di recupero e valorizzazione.
Grazie alla collaborazione tra Marazzi e l’Archivio Eredi Luigi Ghirri, il corpus di opere realizzate nel corso di quella stagione è ora protagonista del volume Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975–1985, il libro – accompagnato dagli scritti di Cosimo Bizzarri e Francesco Zanot – dedicato a trenta immagini prodotte nell’ambito di quella storica serie. La stessa selezione di opere è inoltre parte di uno speciale sito web, creato con l’obiettivo di offrire al pubblico e agli estimatori di Ghirri l’opportunità di ammirare questo straordinario patrimonio anche online.
Ma non è tutto. I Musei Civici di Reggio Emilia continuano infatti – fino al 4 luglio – l’esposizione di alcuni scatti del progetto all’interno del festival Fotografia Europea. Che si tratti delle opere in mostra o di quelle presentate all’interno delle pubblicazioni cartacea e digitale, le foto di Ghirri si presentano come straordinaria sintesi tra la poetica minimale dell’artista e l’universo dell’azienda: le piastrelle diventano, nelle composizioni del maestro, sfondi per piccoli teatri “romantici”, background su cui poggiare oggetti e ritagli di carta da immortalare. La ceramica, insomma, è letta da Ghirri come spazio mentale, pretesto per innescare cortocircuiti poetici e visuali inaspettati.
A spiegare le intenzioni del progetto è lo stesso Luigi Ghirri, che così motivava la sua collaborazione con Marazzi: “La ceramica ha una storia che si perde nella notte dei tempi. È sempre stata un ‘oggetto’ su cui si vengono a posare altri oggetti: i mobili, i gesti, le immagini, le ombre delle persone che abitano quegli spazi. Realizzando queste immagini, ho ripensato a tutto questo e ho cercato di ricostruire, con l’aiuto di superfici di diversi colori, nella sovrapposizione degli oggetti e delle immagini, uno spazio che, invece di essere lo spazio fisico e misurabile di una stanza, fosse l’idea dello spazio mentale di un momento, di una sovrapposizione che può prodursi o si produce, in una delle numerose stanze riscoperte grazie a queste superfici. Questo lavoro, al di là di altri significati, è la ricostruzione di alcune stanze della mia memoria”.
[Immagine in apertura: Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975 – 1985 © Eredi Luigi Ghirri. Courtesy Marazzi Ceramiche, Sassuolo]