Si è spento a 73 anni uno degli artisti più enigmatici del secolo scorso. Noto per il suo atteggiamento schivo, ciò nonostante Emilio Prini ha contribuito a scrivere uno dei capitoli essenziali della creatività italiana.
Le notizie trapelate dalla sua esistenza, vissuta spesso ai margini della scena, sono sempre state minime, complice un temperamento desideroso di riservatezza. Emilio Prini, scomparso il primo settembre, ha scelto per sé e per la propria arte un contesto dominato dal riserbo.
Originario di Stresa, Prini ha vissuto in prima persona la fervida stagione creativa nostrana che ha caratterizzato gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, condividendo la poetica alla base dell’Arte Povera, ma anche mantenendo uno stile autonomo, fatto di incursioni nella fotografia, nel gesto performativo e nel disegno.
L’indole schiva di Prini non gli ha impedito di partecipare ad alcuni eventi espositivi entrati di diritto nella storia dell’arte contemporanea, come l’ormai leggendaria When Attitudes Become Form, l’esposizione curata da Harald Szeemann a Berna nel 1969, Documenta X a Kassel nel 1997, la grande mostra Arte Povera ospitata dalla Tate Gallery di Londra nel 2001 e la recentissima L’Inarchiviabile/The Unarchivable. Italia anni 70, curata da Marco Scotini presso FM Centro per l’Arte Contemporanea a Milano.