Come identificare un delinquente? Semplice, dalle sue caratteristiche fisiche. A pensarlo, Cesare Lombroso, lo studioso d'inizio Novecento fondatore dell'antropologia criminale. La mostra allestita al Museo del Cinema di Torino ne ripercorre le controverse teorie, con una serie di foto d'epoca.
Testa piccola, sopracciglia folte e zigomi pronunciati: era questo l’aspetto del criminale “doc” secondo Cesare Lombroso, esponente di spicco del Positivismo italiano d’inizio Novecento. Considerato il padre della criminologia moderna, lo studioso è stato autore di tesi spesso controverse. Dibattute negli anni e abbondantemente screditate dalla scienza ufficiale, le sue teorie tornano oggi a far discutere, in seguito alla mostra allestita al Museo del Cinema di Torino.
Realizzata in collaborazione con l’Accademia Albertina e visitabile fino al prossimo 6 gennaio, I 1000 volti di Lombroso presenta, per la prima volta al pubblico, una selezione di circa trecento fotografie e reperti appartenenti al fondo dell’Archivio del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino. Un inventario di volti di uomini e donne, compilato dallo studioso nel corso degli anni, a sostegno delle sue teorie sull’atavismo criminale.
Suddiviso in cinque sezioni, il percorso della mostra presenta una selezione ragionata di scatti, disposti in maniera cronologia: dagli studi sui malati psichiatrici al tema della criminologia in rapporto al razzismo fino alle ricerche sul brigantaggio. A completare il ricco repertorio, anche una serie di oggetti e manoscritti d’epoca, selezionati dal team di curatori del progetto, Cristina Cilli, Nicoletta Leonardi, Silvano Montaldo e Nadia Pugliese.
[Immagine in apertura: Cartellino segnaletico di Angelo Buffa. Fu realizzato sul modello
ideato da Salvatore di Ottolenghi, allievo e assistente di Lombroso, che coniugava l’uso della fotografia segnaletica alle impronte digitali. Fotografo non identificato, stampa alla gelatina sali d’argento, 1910]