Tutto nacque, quindici anni fa, da un piccolo omino sgraziato. Oggi i doodles che animano l’homepage di Google costituiscono un ricco museo virtuale: che omaggia i più grandi artisti di sempre
L’ultimo in ordine di tempo è stato Auguste Rodin, omaggiato nel 172esimo anniversario della sua nascita con un’immagine che riprende “Il pensatore”, la sua scultura più nota. Ma sono decine, ogni anno, gli artisti celebrati dai doodle del motore di ricerca Google: variazioni sul tema di un logo ormai entrato, al pari di altri grandi marchi commerciali, in quell’iconografia diffusa che è patrimonio della collettività.
Inevitabile la presenza dei mostri sacri della pop-art, quasi un’implicita presa di coscienza della popolarità dell’interfaccia web: Andy Warhol e Keith Haring sono entrati di diritto nella galleria ideale dei doodles, al fianco di giganti del Rinascimento come Leonardo da Vinci e big dell’arte moderna come Gustav Klimt e Paul Cezanne. Una selezione che va a costituire, pezzo dopo pezzo, un ipotetico museo.
Il primo esperimento risale al 1998, data preistorica se consideriamo le repentine mutazioni dell’ambiente digitale. Per la prima volta, il 30 agosto, l’homepage di uno dei motori di ricerca più usati dagli internauti cambia volto: un piccolo omino stilizzato, inserito al centro della scritta Google, invita al Burning Man, eccentrico festival che si tiene ogni anno in Nevada. L’idea prende piede, con sempre maggiore frequenza e puntando a risultati estetici sempre più apprezzabili.
Dal 2000 è il graphic designer Dennis Hwang ad occuparsi dell’ideazione di doodles via via più complessi e articolati. Siano essi diffusi a livello globale, siano invece destinati alle tante edizioni nazionali di Google: postato solo in Giappone quello dedicato al grandissimo Hokusai, il pittore de “La grande onda” capace di ispirare Monet e Van Gogh; riservato alla Corea del Sud il curioso doodle animato che saluta l’artista Fluxus Nam June Paik.