Al Maxxi di Roma il Le Corbusier “italiano”: taccuini di viaggio dal Belpaese, fotografie e progetti del padre dell’architettura contemporanea.
Mezzo secolo di viaggi continui, una fascinazione intensa nei confronti dell’Italia e della sua storia: suggestioni fitte quelle raccolte da Le Corbusier nel corso dei suoi molti soggiorni nel Belpaese, passaggi frequenti a caccia di immagini e modelli, idee e riflessioni. Tutti raccolti al Maxxi di Roma in una mostra imponente: circa seicento le testimonianze raccolte, tra fotografie, schizzi e progetti. Dimostrazione di un rapporto quanto mai stretto.
La prima volta, appena ventenne, nel 1907; l’ultima ormai anziano, negli anni ’60. Grande la passione, documentata per le aree archeologiche: da Pompei a Roma, passando per Tivoli; ma altrettanto spassionato è l’apprezzamento per i centri storici delle principali città italiane, da Pisa a Venezia, passando per Milano. I documenti raccolti al Maxxi svelano le solide basi di una figura capace di rivoluzionare l’architettura, aprendo la porta del contemporaneo.
Non solo taccuini di un viaggiatore attento, ma anche progetti veri e propri. E la testimonianza di contatti con l’elite culturale e imprenditoriale italiana, avviati con l’idea di lavorare anche nella penisola. Avrebbe voluto incontrare Mussolini, Le Corbusier: ma non ce la fece, e vide così sfumare la possibilità di realizzare la città di Pontinia. Incontrò Pirelli ed Agnelli, ma soprattutto Olivetti: anche se non si realizzò mai il suo progetto per un Centro di calcolo a Rho.
Nel limpido allestimento firmato da Umberto Riva non è raro imbattersi anche in opere d’arte. Quelle dipinte dallo stesso Le Corbusier, soprattutto nella prima metà degli Anni Venti; quelle di Gino Severini, Carlo Carrà e Giorgio Morandi. Avversari (il primo) di accese dispute concettuali sul fare arte; modelli (gli altri) per un confronto diretto e illuminante sulla percezione estetica di un protagonista determinante del XX secolo.