Biennale di Venezia: le prigioni di Ai Weiwei

28 Maggio 2013


Sei grandi scatole in ferro. Porte minuscole, dalle quali è impossibile entrare o uscire. All’interno, visibili solo attraverso finestre claustrofobiche, diorami in scala che mettono in scena il dramma dell’uomo e il tormento dell’artista. Un colpo al cuore S.A.C.R.E.D. , intervento dell’acclamato Ai Weiwei nella chiesa di Sant’Antonin a Venezia; un evento collaterale alla Biennale, realizzato nel contesto dello Zuecca Project Space e in collaborazione con la Lisson Gallery.

Il momento dell’ingresso in cella e il successivo interrogatorio, la violazione dei più basilari diritti di un prigioniero svilito nella propria intimità, costretto a lavarsi e usare i servizi igienici sotto lo sguardo impassibile dei carcerieri: le sei scene ricordano con minuziosa dovizia di particolari le fasi che hanno contraddistinto gli 81 giorni di prigionia conosciuti da Ai Weiwei, incarcerato dalle autorità cinesi a causa della sua attività di blogger in favore dei diritti umani.

Un episodio che – era il 2011 – ha sconvolto il mondo della cultura, suscitando reazioni fortissime. Un momento che oggi viene evocato, quasi esorcizzato dall’artista stesso attraverso un’installazione dall’alto impatto emotivo. Un lavoro inedito, che dialoga a distanza con un’altra opera invece già nota dell’artista, collocata nel contesto del Complesso delle Zitelle, sull’isola della Giudecca.

Pesa in totale centocinquanta tonnellate la versione, amplificata per Venezia, di Straight : un fascio di putrelle ed elementi di metallo recuperati dalle macerie delle scuole spazzate via dal terremoto dello Sichuan, che nel2008 ha causato un numero impressionante di vittime. Tra cui, secondo stime ufficiali, anche cinquemila bambini. Il monumento alla memoria realizzati da Ai Weiwei è uno struggente grido di dolore, memoria di una terra ferita per sempre.