Nel cinquantesimo anniversario dalla prematura scomparsa rivive il mito di Piero Manzoni. Nella biografia di Flaminio Gualdoni tutta l’energia creativa della Milano degli Anni Cinquanta
Si parte dalla fine. Ecco l’interrogazione parlamentare per cui, era il 1971, la Camera dei Deputati discute in merito alla liceità di esporre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma la sua Merda d’artista . Piero Manzoni è scomparso, appena trentenne, già da otto anni. Ma l’eco delle sue gesta artistiche non si è ancora spento, anzi: continua a riverberare violento, esagerato, irrefrenabile e irresistibile.
È edita da Johan&Levi la biografia del più controverso artista italiano, firmata nel cinquantesimo anniversario della morte da Flaminio Gualdoni. E intitolata, semplicemente ma non banalmente, Piero Manzoni – Vita d’artista. Perché non c’è soluzione di continuità tra la sfera privata e la dimensione pubblica, tra persona e personaggio. Un’esistenza totalmente assorbita dal più famelico spirito creativo.
“Manzoni vive arte, pensa arte, pratica arte, sempre, a ogni ora dei suoi giorni e delle sue notti” . Così Gualdoni nel ripercorrere i leggendari anni del Jamaica, lo storico bar di Brera ai cui tavoli si incrociano insieme a Piero i vari Uliano Lucas, Lucio Fontana e un giovanissimo Dario Fo. Il flusso della memoria scorre senza freni, in un catalogo di eccezionali testimonianze: fotografie, scritti privati, ma anche articoli e recensioni su riviste che vanno da Azimuth a Pensiero Nazionale .
Dalle prime mostre alla Galleria Pater di Milano al riconoscimento internazionale, con le personali a L’Aia, Francoforte e Anversa; e le collettive a Zagabria, Copenhagen e Taipei. Un profilo di portata mondiale quello di Piero Manzoni, enigmatico e inafferrabile, perfettamente conscio del proprio ruolo di artista controcorrente. Un ritratto compilato con attenzione e acume, senza cedere alla facilità dell’aneddotica. Puntando a restituire un’immagine fedele dell’artista. E dunque dell’uomo.