C’è modo e modo per scrivere un ritratto di se stessi. Cesare De Seta sceglie di legarsi alla Biennale di Venezia, raccontando mezzo secolo di visite in Laguna; Paolo Poli prende la strada della più schietta biografia. Zadie Smith, parlando di ciò che ama, svela i tratti più profondi della sua personalità
Cosa resta di una Biennale di Venezia? Moltissimo nei ricordi di Cesare De Seta, autentico habitué di una rassegna che frequenta da quando, nel 1962, era poco più che un ragazzo. Un intenso e intimo memoriale quello che lo storico dell’arte affida alla casa editrice Electa: i suoi Biennali Souvenir si popolano di personaggi eclettici, famosi e non, situazioni assurde e paradossali che raccontano con freschezza mezzo secolo vissuto nel cuore della contemporaneità.
Irriverente e fuori dagli schemi, ironico all’ennesima potenza: principalmente verso se stesso. Paolo Poli, re indiscusso del teatro italiano, si racconta in una rara e inconsueta intervista a Pino Strabioli. Complice la buona tavola, atmosfera congeniale a sciogliere il ferreo riserbo nei confronti della propria vita privata, l’attore svela aneddoti di famiglia e ricordi d’epoca, offrendo in Sempre fiori mai un fioraio (Rizzoli) un ritratto brillante e coinvolgente.
Un mosaico di riflessioni, liberi pensieri sui grandi del nostro tempo – Barack Obama in testa – e sulla fascinazione di luoghi che vanno dalla poverissima Liberia alla lussureggiante Hollywood; una collezione di immagini e idee attraverso cui raccontare, in fondo, se stessi e il proprio modo di vedere la vita e il mondo. In uscita per minimum fax, per la prima volta in edizione tascabile, Cambiare idea, raccolta di saggi e ritratti che rivelano la profonda sensibilità di Zadie Smith.
Un’irresistibile parata di macchiette quella che Pelham Grenville Wodehouse, tra i più eccentrici romanzieri inglesi del Novecento, si diverte a portare in passerella nella compassata atmosfera del Drones Club, tipico circolo della più ingessata alta borghesia britannica. Nei racconti riuniti ne Il mistero del cappello, freschi di edizione italiana per i tipi di Guanda, va in scena un divertito e delicato quadretto fatto di equivoci e battibecchi, costruito attorno al mirabile tratteggio di personaggi che conquistano con la loro leggera complessità.