Anish Kapoor ospite della Biennale di Firenze

29 Novembre 2013


Provocatoria, esagerata, persino immorale? Tutt’altro! L’arte è profondamente etica e l’artista è figura che ha la potenzialità – e il potere – per rendere il mondo un posto migliore, individuando le chiavi per indirizzare la società verso nuove forme di consapevolezza. È questo il messaggio, profondo, che anima la nona edizione della Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Firenze, in scena fino all’8 dicembre alla Fortezza da Basso.

Un evento che nasce, per tradizione, dagli artisti: chiamati ad autocandidarsi e proporre il proprio lavoro alla commissione che seleziona le partecipazioni. Creando così un network condiviso di idee, sviluppando in modo spontaneo un progetto curatoriale che cresce, libero, di giorno in giorno. Una prassi innovativa e stimolante quella che ha coinvolto, nel corso degli anni, circa cinquemila artisti; 450 quelli invitati a questa edizione.

La rassegna si apre con l’intervento dello svizzero Beat Kuert: tre performer, la pelle ricoperta di uno strato d’argilla, sono costrette in un angusto spazio delimitato da pareti in plexiglass. Donne ferite e umiliate, donne in gabbia e al tempo stesso – in virtù della trasparenza della loro prigione – alla mercé di chiunque, spogliate della propria dignità: una dura presa di posizione contro il femminicidio. Manifesto ideale della volontà, da parte della Biennale, di toccare temi forti, scottanti, di strettissima attualità.

Tre i protagonisti assoluti della kermesse, insigniti dei premi intitolati alla leggendaria figura di Lorenzo il Magnifico. Dopo Marina Abramović e Christo, David Hockney e Gilbert & George tocca ad Anish Kapoor ricevere il riconoscimento riservato ai migliori interpreti nel campo delle arti visive. Ad essere riconosciuti per l’alto valore della loro ricerca in ambito culturale, condotta attraverso molteplici linguaggi, sono invece Henryck Jurkowski, punto di riferimento internazionale per il teatro di figura e Franco Mussida.