Il suo studio, fucina di collezioni da sogno, ma anche il primo minuscolo punto vendita nella natia Nottingham: Paul Smith ricrea il suo mondo all’interno del Design Museum di Londra. Per una mostra che celebra la sua carriera nella moda
Più che un negozio doveva sembrare uno sgabuzzino, microscopico e asfissiante nei suoi miseri nove metri quadrati di superficie. Una stanza, niente di più: completamente ricoperta di abiti e stoffe, immagine di un disordine creativo che è sinonimo di genio e sregolatezza. La ricostruzione di quel primo leggendario punto vendita a Nottingham, lungo Byard Lane, è tra i pezzi forti della mostra che al Design Museum di Londra celebra il mito di Paul Smith.
Più che un semplice stilista un vero e proprio trend-setter, figura che fin dagli Anni Settanta ha saputo stupire e scioccare, appassionare e conquistare il pubblico di tutto il mondo. Le sue collezioni hanno portato eclettismo e originalità nel mondo della moda maschile, fregiandosi all’epoca di testimonial del calibro di George Best. Estroso al punto da giocare con il kitsch, dotato di un senso dell’eleganza giocoso e originalissimo, Smith è tra le più importanti icone del fashion design.
La mostra ripercorre la sua carriera senza intenti didascalici, cercando semmai la felicissima illusione di un’esperienza immersiva. Traduzione più efficace di uno spirito creativo che procede senza soluzione di continuità, in modo famelico e onnivoro. Tutto è d’ispirazione per lo stilista, che espone una fedele ricostruzione del proprio studio: allestendo disegni e bozzetti, ma anche libri antichi, pezzi di design d’autore, oggetti e memorabilia che costituiscono preziose e insostituibili fonti di ispirazione.
Il lato multimediale gioca parte rilevante nella costruzione di un’atmosfera che sa rapire e conquistare. Scorrono le immagini di sfilate e backstage, si alternano racconti e interviste, dialoghi e piccole confessioni: partendo dall’analisi della sua più riconoscibile cifra stilistica. Quell’uso quasi ossessivo delle fantasie a righe che, in un caleidoscopio di colori, diventa fantasioso esorcismo del più ingessato rigore britannico. Consapevole e divertito inno alla creatività.